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Brescia, falsi contratti di lavoro falsi per ottenere il permesso di soggiorno 11 arresti

Il Gip del tribunale di Brescia ha emesso 11 misure cautelari, con il beneficio dei domiciliari, nell’ambito dell’indagine della squadra mobile di Cuneo, con la collaborazione di quelle di Bergamo, Brescia e Salerno. I reati contestati sono di associazione a delinquere finalizzata a procurare illegalmente ingresso e permanenza a stranieri. A capo dell’organizzazione, due salernitani, padre e figlio, quest’ultimo residente a Bergamo.

L’uomo di 35 anni, praticante avvocato, insieme al padre sessantenne e avvocato, aveva messo in piedi una organizzazione che forniva falsi contratti di lavoro e false buste paga agli extracomunitari clandestini, in modo che potessero avere permessi di soggiorno, in cambio di denaro. Il trentenne gestiva una agenzia di consulenza per stranieri, attraverso la quale si procuravano “clienti”, anche grazie ad altri complici, ora arrestati, del Senegal, dell’Eritrea, della Guinea, dell’India, del Pakistan e del Kosovo.

Padre e figlio si occupavano di seguire l’iter burocratico delle pratiche messe in piedi con documentazione fittizia, per ottenere il nulla osta all’ingresso in Italia, per istanze di emersione dal lavoro sommerso, per il rinnovo del permesso di soggiorno. Hanno anche dato indicazioni precise ai “clienti” su come rispondere alle domande dei poliziotti, quando hanno scoperto di essere indagati. Uno di loro, in una conversazione intercettata con l’avvocato sessantenne, gli dice che non riferirà di aver comprato un contratto, ma solo che è stato aiutato a trovare lavoro da un italiano; l’avvocato allarmato cerca di prendere le distanze, ma lo straniero, ingenuo, ribadisce più volte di aver comprato il contratto di lavoro che gli ha permesso di risiedere in Italia.

Due trentenni, entrambi di Bergamo, erano soci in affari dei salernitani. Il primo riscuoteva il denaro dai “clienti”, mentre il secondo, amministratore di diverse società, forniva contratti e buste paga. Anche l’Inps ha collaborato alle indagini, poiché suoi dipendenti si sono accorti che le società che assumevano stranieri non versavano poi i contributi dovuti. In alcuni casi, le assunzioni erano pretesto per riscuotere indennità di maternità o sussidi di disoccupazione, e perfino la possibilità di accedere a fondi regionali su progetti.

Redazione

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