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Sequestrati 2.6 milioni a Vito Covelli noto neurologo barese

A seguito di complesse indagini patrimoniali e in esecuzione di un decreto di sequestro preventivo d’urgenza emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, i Finanzieri del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza, hanno posto sotto sequestro un appartamento di pregio ubicato in zona residenziale di Bari e disponibilità finanziarie per un valore complessivo pari ad oltre 2.600.000 euro.

Il provvedimento di sequestro scaturisce da una attività investigativa che, da un lato, ha ricostruito il reale volume d’affari del noto professionista barese Vito Covelli e, dall’altro, ha messo in luce articolate condotte illecite, poste in essere da familiari dell’indagato, tese a riciclare i cospicui proventi derivanti dall’evasione fiscale.

L’attività investigativa ha consentito di tracciare l’esecuzione di versamenti di denaro contante per oltre 750 mila euro su un rapporto di conto intestato ad un familiare del medico, pensionato pubblico, nettamente sproporzionati rispetto alla sua capacità economica, successivamente investiti in prodotti finanziari. Tutto ciò avveniva con la illecita compiacenza del direttore della filiale che avrebbe dovuto segnalare le operazioni palesemente sospette.

Il denaro di illecita provenienza è stato riciclato anche ricorrendo a modalità più sofisticate, quali l’accensione di un mutuo per l’acquisto di un immobile e il conseguente pagamento delle relative rate mensili di oltre tremila euro al mese, tramite versamenti periodici sul conto corrente del pensionato di denaro di provenienza illecita.

In applicazione dell’articolo 12 sexies della legge n. 356/1992, che disciplina la misura ablativa della confisca c.d. allargata, gli specialisti del Gico della Guardia di Finanza hanno successivamente provveduto a valorizzazione in chiave patrimoniale gli elementi acquisiti nel corso dell’attività di indagine, nonché ad esaminare, confrontare ed incrociare i dati e le informazioni estratte dalle diverse banche dati in uso alla Guardia di Finanza, acclarando l’assoluta sproporzione tra i beni nella disponibilità degli indagati e la loro modesta capacità economica.

Le indagini patrimoniali condotte sul conto dei familiari del professionista, responsabili delle condotte di riciclaggio, hanno portato a dimostrare che i due indagati, dal 1999 al 2014, a fronte di redditi leciti per € 327.000,00 hanno sostenuto spese ed investimenti per € 2.330.000,00.

Redazione

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