A ottobre del 2012 il Ministero dell’Interno ha sciolto il Comune stabilendo che a Reggio Calabria non c’era solo il rischio di infiltrazioni mafiose, ma che la mafia era già nelle stanze del “potere” e che esisteva una “linea di contiguità” con la classe politica.
Le inchieste hanno portato alla luce le ombre del “Modello Reggio”: consiglieri comunali arrestati, politici che parlavano con i boss, due società municipalizzate (la Leonia e la Multiservizi) infiltrate dalle cosche, altre aziende a capitale pubblico sommerse dai debiti come l’Atam (l’azienda di trasporto cittadino) e sull’orlo del fallimento, ma soprattutto i bilanci comunali truccati.
Ora i reggini sono tornati alle urne e hanno eletto in modo plebiscitario Giuseppe Falcomatà, figlio dell’ex sindaco Italo, un giovane dalle belle speranze. I cittadini della metropoli calabrese hanno riposto molte delle loro speranze nell’esponente di centrosinistra. E si augurano che le attese non vengano deluse.
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