Forze di sicurezza irachene si sono schierate intorno alla “zona verde”, l’area fortificata dove hanno sede molti uffici governativi e diverse ambasciate. Lo spiegamento di forze ha avuto inizio verso le 20.30 ora italiana, 90 minuti prima che il primo ministro annunciasse alla televisione di Stato l’intenzione di denunciare il presidente Fuad Masum per aver violato la Costituzione. “Oggi presenterò una denuncia alla Corte federale contro il presidente”, ha detto Maliki alla tv di Stato in una dichiarazione a sorpresa trasmessa a mezzanotte (le 22 in Italia) dalla televisione di Stato. In base ad accordi non scritti, la carica di primo ministro spetta a uno sciita, quella di presidente del Parlamento a un sunnita e quella di presidente della Repubblica a un curdo. Nonostante le ultime due cariche siano già state assegnate nelle ultime settimane, quella della guida del governo rimane vacante. Il premier uscente, Nuri al Maliki, insiste per essere nominato per un terzo mandato, ma la resistenza alla sua riconferma si va rafforzando sia in Iraq sia tra la comunità internazionale che vede nello sciita al Maliki l’artefice indiretto dell’offensiva dell’Is con le sue politiche “confessionali”, discriminatorie nei confronti dei sunniti, al punto da aver indotto parte di essi a simpatizzare con i jihadisti, almeno in un primo momento. Il 4 agosto scorso, il premier ha ordinato alle forze aeree irachene di agire a sostegno dei curdi peshmerga nella battaglia contro l’Isis a nord. Maliki è andato in tv per ribadire che non rinuncerà al terzo mandato. Una scelta che non dà stabilità al paese, e ostacola il percorso per una pace che appare sempre più lontana. Un alto funzionario del dipartimento di Stato ribadisce e conferma il totale sostegno degli Stati Uniti al presidente iracheno, il curdo Fuad Masum. Gli Usa, l’Onu e gli Occidentali, non nascondono la loro contrarietà a Maliki, accusato di alimentare le tensioni interconfessionali, cui hanno di fatto chiesto di farsi da parte o di formare un governo inclusivo di tutte le parti, inclusi sunniti e curdi. Il tutto mentre si aggrava ogni giorno che passa il conflitto con gli jihadisti sunniti dello Stato Islamico (Is).
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