Un destino comune per due grandi uomini. Come Giovanni Paolo II, anche Martini soffriva del morbo di Parkinson. L’Arcivescovo emerito di Milano, già dalla metà di agosto, non era più stato in grado di alimentarsi spontaneamente. Il cardinale era ricoverato al collegio Aloisianum di Gallarate (Va), dove viveva dal 2008. Aveva 85 anni.
Benedetto XVI ha potuto salutarlo lo scorso 3 giugno, nell’episcopio di Milano in setta minuti appena ma di comunicazione profonda. Uno scambio di sguardi, poche parole a causa della malattia ormai avanzata. Martini parlava con difficoltà, servendosi di un piccolo megafono. Un abbraccio fraterno. Da Castel Gandolfo il Papa ha mandato un messaggio di cordoglio. “Il cardinale Carlo Maria Martini ha servito generosamente il Vangelo e la Chiesa”, ha detto Benedetto XVI in un messaggio al cardinale Scola, attuale successore di Martini, esprimendo la propria “tristezza” per la morte del porporato gesuita “dopo lunga malattia, vissuta con animo sereno e fiducioso abbandono in Dio”.
Oggi la camera ardente, lunedì l’estremo saluto di un uomo che ha scritto importanti pagine di storia della Chiesa e dell’Italia, favorendo il dialogo e l’ascolto.
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