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Addio a Jim Marshall Signore dell’Alto Volume

Si è spento a Londra all’età di 88 anni Jim Marshall, meglio noto negli ambienti musicali come il “Signore dell’Alto Volume” o, più semplicemente, il “Governatore”. Un nome che dirà forse poco al grande pubblico, che però gli deve molto in termini di possibilità di ascolto. In gioventù, attivo lui stesso come strumentista, suonava la batteria, Marshall ha infatti impresso una svolta all’evoluzione della musica moderna, e più in generale dell’espressività artistica, concependo, progettando e infine producendo gli omonimi amplificatori elettrici, il cui avvento mise a disposizione del mondo del rock, e in particolare delle chitarre (ma non solo), una gamma di potenziali opzioni espressive fino ad allora praticamente inimmaginabili.

La notizia della sua morte è stata data dalla sua stessa azienda, la “Marshall Amplification” che fondò nel lontano 1962, con un comunicato pubblicato sul sito online ufficiale. Immediate le espressioni di sincero cordoglio manifestante da una miriade di star che furono non solo suoi clienti, ma anche partner e addirittura complici di un’avventura dipanatasi lungo mezzo secolo. Una per tutte: “Il rock’n’roll non sarà mai più lo stesso senza Jim, ha scritto su Twitter il frontman dei Guns’n’Roses, Slash, “ma i suoi amplificatori vivranno per sempre”, con le ultime due parole a caratteri interamente maiuscoli. Dove la storia si confonde con la leggenda, come è tipico del mondo rock, là prende le mosse l’epopea del padre dei moderni amplificatori.

Nato James Charles Marshall il 23 luglio 1923 a Acton, nella brumosa periferia occidentale londinese, fu in qualche modo instradato alla futura carriera da una famiglia nella quale abbondavano gli artisti di music hall. Da bambino fu colpito dalla tubercolosi ossea, che lo costrinse a lunghi periodi di degenza in ospedale e ne compromise una regolare istruzione. Riformato per motivi di salute, trascorse a casa la II Guerra Mondiale, e comincio’ a sbarcare il lunario cantando nei locali prima di passare alla batteria. Si dice che, essendo frattanto riuscito a prendere un diploma in ingegneria elettrica, si progetto’ da solo un primo prototipo di amplificatore portatile per potenziare la sua voce, intonata ma flebile. Passato dietro ai tamburi, nel dopoguerra divenne insegnante, e allevo’ numerosi aspiranti batteristi di futuro grido, tra cui Mitch Mitchell che avrebbe poi suonato nella Jimi Hendriz Experience, il cui omonimo leader avrebbe in seguito sfruttato nella maniera probabilmente migliore le possibilita’ messe a disposizione dalle invenzioni di Jim. Nel 1960 apri’ un negozio di strumenti musicali a Hanwell, presso Ealing: com’era ovvio, offriva soprattutto percussioni, ma ben presto aggiunse le chitarre al proprio catalogo, e si formo’ una clientela stabile. Fu conversando con alcuni avventori, da Pete Townshend degli Who a Ritchie Blackmore dei Deep Purple, fino al veterano ‘Big’ Jim Sullivan che avrebbe a lungo accompagnato Tom Jones per diventare infine un produttore discografico di grido, che ne ascolto’ le lamentele a proposito dei limiti tecnici dell’amplificazione allora esistente. Colse al volo l’idea che gli avevano ispirato: trasformo’ il negozio in laboratorio, ingaggio’ un altro ingegnere che gia’ lavorava per un’etichetta professionale, e comincio’ a sperimentare la realizzazione di nuove apparecchiature. I primi cinque tentativi non lo soddisfecero, ma il sesto si’, e ne offri’ il risultato agli avventori. Soltanto il primo giorno ricevette ben 23 ordinazioni, tra cui quelle di un gia’ affermato Eric Clapton e dello stesso Hendrix. Quando vide quest’ultimo per la prima volta, ebbe a raccontare Marshall parecchi anni dopo, penso’: “Accidenti, ecco un altro musicista americano che vuole la mia roba per niente!”. Invece Jimi pago’ sull’unghia tutto quanto acquisto’, e senza mercanteggiare sul prezzo. Ben presto sarebbe diventato uno dei suoi piu’ preziosi testimonial involontari. Oggi Jim Marshall e’ considerato uno dei quattro padrini della strumentazione musicale contemporanea insieme a Leo Fender, Les Paul e Seth Lover. Nel 2003 ricevette l’ambita onorificenza dell’Ordine dell’Impero Britannico per il proprio contributo alla sviluppo dell’industria musicale, ma anche per le iniziative benefiche: memore della malattia infantile, per decenni ha elargito fondi per milioni di sterline a istituzioni assistenziali, tra cui il ‘Royal National Orthopaedic Hospital’ di Stanmore, cintura ovest londinese, dove lo curarono da piccolo.

Redazione

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