Dopo 17 anni è tornato a casa, pronto a farsi ammazzare dalla mafia pur di proteggere la sua famiglia. Il pentito è tornato in Calabria per protestare contro gli organi competenti che l’avrebbero tolto dal programma speciale di protezione. Ora la sua vita è a rischio; e con la sua, quella dei familiari, moglie e due figli. Oltre al programma speciale di protezione, a De Stefano sono state revocate tutte le misure di assistenza economica, così come gli è stato intimato di lasciare l’alloggio nella località protetta del nord in cui si trovava.
“Non mi abbandonate e, soprattutto, non abbandonate chi mi ha seguito, i miei familiari, che non c’entrano niente in tutto quello che ho commesso negli anni passati” ha riferito il pentito. De Stefano, prima, dal 1984, affiliato alla cosca De Sensi, poi alla cosca Giampà e fino al 1995, organico alla cosca Torcasio, è stato coinvolto nell’operazione Primi Passi. Da lì la decisione di collaborare. “Io mi sento una persona ravveduta – ha detto De Stefano – penso di avere pagato più di quanto avrei dovuto pagare. Ho dato una mano, ho contributo, continuerò a contribuire se hanno bisogno di me. Ma chiedo che lo Stato non mi abbandoni. Io non voglio nessun programma di protezione. Io non voglio che lo Stato continui a darmi 1.100 – 1.200 euro al mese. Chiedo che lo Stato mi aiuti a inserirmi socialmente, per trovare un lavoro e poter vivere dignitosamente. Oppure chiedo che lo Stato mi dia un contributo per potere rilevare una macelleria, una lavanderia, un negozio di frutta e verdura, qualcosa per poter vivere dignitosamente”.
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