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Incendio in penitenziario sudamericano 350 vittime

Un inferno si è scatenato nella notte nel carcere di Comayagua, un carcere sovraffollato a circa 90 chilometri dalla capitale dell’Honduras, dove decine di detenuti sono morti carbonizzati o asfissiati chiusi nelle loro celle. Il balletto delle cifre, che ha visto un tragico crescendo, attesta il bilancio a poco meno di 350 morti, trasformando questa tragedia nella peggiore mai avvenuta in un quarto di secolo nelle carceri dell’America Latina.

Ad appiccare il rogo che ha rapidamente inghiottito vari bracci del penitenziario sarebbe stato un detenuto accecato dalla follia, secondo una drammatica telefonata ricevuta nella notte dalla governatrice del dipartimento di Comayagua Paola Castro, che in passato aveva lavorato nella prigione per un progetto sociale e conosceva molti dei reclusi. Tuttavia sulle cause non sono ancora arrivate conferme ufficiali.

Nelle prime ore si era parlato di una rivolta, ipotesi quasi subito accantonata. Mentre all’obitorio i medici fanno sapere che ci vorranno giorni prima di riuscire ad identificare i corpi sfigurati, nei vari ospedali della regione e della Capitale sono decine i feriti e gli ustionati che lottano per la sopravvivenza. Il presidente Porfirio Lobo, che ha riunito d’emergenza il consiglio di sicurezza del Paese, ha sospeso i vertici del carcere di Comayagua e dell’intero sistema penitenziario, per permettere indagini più trasparenti possibili.

L’inchiesta dovrà far luce anche su presunti ritardi nei soccorsi. E un’indagine sarà svolta anche da una delegazione della Commissione Interamericana dei diritti umani, su richiesta del segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (Osa) José Miguel Insulza. Intanto i familiari dei detenuti (850 i reclusi, contro una capienza massima di 450) si sono riversati davanti all’istituto penale in cerca di notizie. Non sono mancati momenti di tensione, con polizia e militari che hanno sparato colpi in aria e lanciato lacrimogeni, mentre la folla di disperati, tra questi anche bambini, avanzava difendendosi con lancio di pietre verso il portone fino a raggiungere il cortile, dove il Ministro della Sicurezza Pompeyo Bonilla ha fatto ripetuti inviti alla calma. Col passare delle ore sono iniziate a trapelare terribili testimonianze sui detenuti accalcati contro le sbarre delle loro celle, condannati a morire carbonizzati o asfissiati, mentre altri sono riusciti a guadagnare la fuga sfondando il tetto e lanciandosi nel vuoto.

Redazione

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