Da gennaio meno soldi in busta paga per gli Italiani

Appena riceveranno lo stipendio di gennaio in molti si renderanno conto che qualcosa non torna e ringrazieranno il Premier “benedetto” Mario Monti per qualche euro in meno. Del resto il nostro “povero” Governo aveva bisogno di un aiutino. Arrivano sul cedolino dello stipendio o della pensione i primi effetti della manovra per il pareggio di bilancio approvata alla fine dello scorso anno. Scatta infatti con la mensilità di gennaio l’incremento dell’addizionale regionale Irpef deciso dal Governo.

Un ritocco secco che porta l’aliquota di base dallo 0,9 all’1,33 per cento, in tutte le Regioni, per una maggiore imposta complessiva pari a circa 2,2 miliardi. Questi soldi rappresentano un risparmio per lo Stato centrale (che rimpiazza così una parte del proprio finanziamento al sistema sanitario nazionale) ma non un incremento delle risorse disponibili per gli enti locali. Sulla carta la misura dell’aumento è uguale ovunque, gli effetti pratici sono a volte differenziati, perché si incrociano con quelli delle manovre disposte dalle Regioni. Nel Lazio ad esempio, la decisione del Governo si applica nell’anno in cui la Regione era riuscita a disinnescare, con le prime azioni di risanamento, la specifica maggiorazione Irpef per le Regioni in grave deficit sanitario: dunque da una parte c’è una riduzione dello 0,30 per cento, dall’altra un incremento dello 0,33, con un effetto netto pari a +0,03 per cento, di fatto vicino allo zero. In tre Regioni però, che a differenza del Lazio non sono riuscite a dimostrare miglioramenti in materia sanitaria, le due percentuali si sommano, portando il prelievo totale ad un notevole 2,03 per cento. La misura contenuta nel decreto salva-Italia era in realtà retroattiva, nel senso che si riferiva ai redditi del 2011 pur essendo stata decisa alla fine dell’anno. Per capire però perché l’effetto sui contribuenti si manifesta solo ora, occorre ricordare che per lavoratori dipendenti e pensionati, a differenza di quanto avviene con l’Irpef statale, la trattenuta è effettuata a saldo in undici rate mensili, sull’importo dovuto per l’anno precedente. Dunque da gennaio a novembre di quest’anno si versa l’addizionale regionale 2011. I lavoratori autonomi invece verseranno l’addizionale a giugno con la dichiarazione dei redditi. L’effetto diviso per undici è naturalmente contenuto, anche se non del tutto invisibile. Confrontando anno con anno si nota meglio l’importo del sacrificio richiesto, maggiore laddove all’incremento nazionale si somma quello locale (è il caso della Puglia, che in precedenza aveva ridotto al minimo l’addizionale e poi era stata costretta a tornare sui propri passi).

Per un lavoratore o un pensionato con un imponibile annuo Irpef pari a 20 mila euro l’incremento dello 0,33 per cento vale da solo 66 euro l’anno; per uno che invece arriva a 50 mila, la maggiorazione annuale sarà di 165. Non proprio un’inezia. Il Governo è  intervenuto sull’aliquota base dell’addizionale, quella che è comunque dovuta indipendentemente dalle decisioni delle Regioni (che non hanno il potere di azzerarla, anche se lo volessero). Prima era fissata allo 0,9 ora sale all’1,33 per cento. Partendo da questa base i governatori possono poi applicare ulteriori aumenti, anche differenziati per scaglioni, fino a un massimo che nel 2010 era dell’1,4 e ora sale all’1,73 (la soglia è destinata a crescere ulteriormente con il processo del federalismo fiscale). Questo +0,5 per cento scatta automaticamente per Regioni in disavanzo sanitario, tra le quali il Lazio; quelle poi che oltre ad essere in deficit non fanno adeguati passi verso il rientro si vedono applicare un ulteriore +0,3. Ecco quindi che in tre Regioni, Calabria, Campania e Molise, l’aliquota sale dall’1,23 per cento di base al 2,03, per tutti i cittadini indipendentemente dal livello di reddito.

La differenza con le Regioni virtuose, che non hanno deficit sanitario e in più hanno scelto di non toccare comunque l’aliquota, è notevole. Sui 20 mila euro di reddito si pagano in Toscana, Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli, Sardegna, Val d’Aosta e Basilicata 246 euro per il 2011, contro le 406 di Calabria, Campania e Molise; sui 50 mila il confronto è tra un versamento complessivo di 615 euro ed uno che arriva a 1.015, ben 400 in più.

Redazione

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