Piccola grande Italia attenzione alle piccole realtà urbane

Un fenomeno sta dilagando a macchia d’olio per tutt’Italia fino a coinvolgere e la grande città e la lontana provincia, sia i grandi centri che i piccoli paesi di montagna. E’ il fenomeno che sta riscoprendo i valori del “piccolo paese” contro il rischio dell’estinzione demografica, contro lo spopolamento dei centri montani. E’ di questi ultimi anni l’iniziativa parlamentare di Legambiente che col suo presidente ha presentato alla Camera il disegno di legge “Piccola grande Italia” finalizzato al recupero delle piccole realtà urbane diffuse su tutto il territorio nazionale. Sono più o meno seimila i piccoli paesi e frazioni al di sotto dei cinquemila abitanti che rischiano di scomparire. Tra questi ve ne sono tanti anche in Calabria. Per la provincia di Crotone segnaliamo il triangolo della viva cultura arbereshe: Karfici, Puheriu e Shen Koghi (Carfizzi, Pallagorio e San Nicola dell’Alto).

Siamo nell’ambito della Comunità Montana dell’Alto Crotonese che ha come confini naturali il torrente del Lipuda, il corso del Neto e il mare Jonio. Sono centri di alta collina che risultano desolati e spopolati e non solo per il decremento demografico ma soprattutto le emigrazioni massicce. Comunque oggi potrebbero avere un riscontro positivo dalla presenza di notevoli risorse culturali e naturali, se, però, adeguatamente supportate da un’oculata programmazione turistica a largo raggio. Carfizzi, Pallagorio e San Nicola dell’Alto costituiscono una particolare isola etnica e linguistica, la arberesche, che si perpetua integra dal sec. XV, quando vennero qui, profughi, dall’Albania. I tre centri greco – albanesi furono abitati, incrementandone la popolazione, dai soldati di Demetrio Reres, condottiero albanese, venuto qui nel 1416 chiamato in soccorso da Alfonso d’Aragona contro gli Angioini. Successivamente nel 1446 il Reres fu nominato Governatore della Calabria e i suoi soldati costituirono molte comunità, oltre ai nostri tre centri, anche Casabona Zinga, Belvedere Spinello, Scandale, San Mauro e Cotronei.

A seguito delle scorrerie saracene, molta gente dalla costa riparava in collina ed in montagna e su queste contrade furono fondati tre piccoli agglomerati urbani: Carfidi, Trivio e Santa Venera che poi nel ‘500 dettero vita a Carfizzi, toponimo derivato da Carfidi. Questo piccolo centro fu poi popolato dalla gente del Reres e si mantenne fino al 1904 come frazione di San Nicola dell’Alto. Fino al 1563 fu feudo dei Morano, passato poi ai De Filippis e ai Pisciotta, ai Moccia e ai Crispano che lo vendettero, nel 1767, ai Malena che lo tennero fino all’eversione napoleonica, IN quanto a Beni culturali Carfizzi, in verità, offre poco: la tessitura artigianale tra pizzi e merletti. Famosa è la “szocha”, ormai usata da pochi, il costume albanese indossato nei giorni festivi, ricco di ricami. Fortunatamente, però, perdura la tradizione del telaio per la lavorazione di coperte con motivi bizantini ed inoltre la testimonianza dell’antica oreficeria greco – albanese presente qua e là tra le donne. Carfizzi oggi offre tanta ospitalità soprattutto ai diseredati dell’Est, i profughi albanesi e kosovari; insomma come dire che la storia non conosce soluzione di continuità: il cordone ombelicale non è stato mai tagliato. Questa ospitalità è possibile anche per la presenza di un’importante struttura ricettiva come l’Ostello della gioventù in località Montagnella. Infine Carfizzi è conosciuta nel mondo letterario per aver dato i natali allo scrittore, oggi residente a Trento, Carmine Abate.

Pallagorio detta anche Paragolio e San Giovanni in Paragolio. Fu sottoposta agli Spinelli di Cariati che nel 1682 la cedettero ai Rovegna. Nel 1799, poi, col toponimo di San Giovanni di Palagorio, è diventato centro autonomo ed in territorio cosentino; nel 1816, poi, entrò a far parte della provincia catanzarese. Nel suo territorio( nelle località Rosicelle, Coraciti, Pietre Bianche e Lupicello) è stato rinvenuto un ricco e voluminoso insieme di statuine, monete e ceramiche di età classica. Nel centro abitato visitiamo la chiesa parrocchiale del Carmine con la sua bella e svettante torre campanaria rinascimentale e all’interno è ammirevole una pregevole scultura lignea della Madonna, titolare della chiesa.

San Nicola dell’Alto:dovunque volgi lo sguardo la vedi singolare nella sua forma, una nave tra la prua Monte Pizzuto e la poppa Monte San Michele che domina l’ampio orizzonte dal mare a tutta montagna silana. E’ stata casale di Casabona e come tale feudo dei Cavaniglia, degli Aragona, dei Pisciotta e dei Capecelatro che lo tennero fino al 1806. Dal riordino francese, San Nicola ottenne l’autonomia comunale con la frazione Carfizzi, nel territorio provinciale di Cosenza. Con i Borboni dal 1 maggio 1816 è stata trasferita nella provincia catanzarese. E’ in questo periodo che risultò essere uno dei comuni più industrializzati della Calabria, possedendo nel suo sottosuolo importanti giacimenti di zolfo. In cima al monte San Michele visitiamo l’omonimo santuario che custodisce una settecentesca icona del Santo. Infine San Nicola è la patria del poeta Giuseppe Del Gaudio, oggi vivente nel vicino comune di Melissa, “la voce e il cuore della poesia arberesche”.

Redazione

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