Continua la perdita di occupazione nelle imprese associate a Confindustria.  ”Nel terzo trimestre di quest’anno – dice Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre – stimiamo che potrebbero essere 76.000 i posti di lavoro a rischio in Italia. Un numero preoccupante, anche se inferiore ai 98.000 persi nello stesso trimestre del 2010 e agli 82.000 del 2009. Infatti, le cose, anche se molto lentamente, stanno migliorando. Il tasso di disoccupazione medio nel 2011 si dovrebbe attestare all’8,2%. Rispetto al 2010, la riduzione potrebbe essere dello 0,2%”. ”Con la probabile perdita di questi 76.000 posti di lavoro – prosegue Bortolussi – a pagare il prezzo piu’ alto saranno ancora una volta le fasce piu’ deboli del mercato del lavoro. Mi riferisco ai giovani, alle donne e agli stranieri. Tutte e tre queste categorie hanno raggiunto tassi di disoccupazione molto elevati. I primi il 29,6%, le seconde il 9,6% ed i terzi il 12,1%”. Il Csc rileva “l’onda lunga della crisi” che comporta una flessione dell’occupazione dell’1,1% (dopo il -2,2% nel 2009 e il -0,3% nel 2008). L’occupazione, evidenzia il Csc, si aggiusta con ritardo. Nella fase di graduale recupero dell’attività produttiva che ha caratterizzato il 2010, l’input di lavoro ha continuato a diminuire, ma a un ritmo più contenuto che nel 2009, fino a mostrare un primo segnale di inversione di tendenza all’inizio del 2011. A frenare la domanda di lavoro nel 2010 sono stati, spiega il Centro Studi di Confindustria, gli ampi eccessi di manodopera accumulati durante la recessione, quando la drammatica caduta dei livelli di attività è stata assorbita in larga misura dal crollo della produttività. E’ quanto emerge dalla settima indagine di Confindustria sul mercato relativa allo scorso anno. Il licenziamento individuale o collettivo ha rappresentato nel 2010 la causa d’uscita nel 14,2% dei casi, in aumento dal 13,2% nel 2009 e dal 10,4% nel 2008. L’incidenza di questa causale è più elevata nell’industria (16,7%), ma in espansione anche nei servizi (9,1% dal 7,7% nel 2009). Complessivamente nel 2010 le assunzioni a tempo indeterminato sono state il 35,9% del totale delle nuove assunzioni, meno che nel 2009 (37,7%) e nel 2008 (42,1%), mentre le assunzioni con contratto a termine (a tempo determinato, di inserimento, di apprendistato) hanno riguardato il residuo 64,1%. Come negli anni precedenti, la quota di neo-assunti a tempo indeterminato è stata superiore nelle aziende del Nord Ovest (41,1%) e in quelle di più grandi dimensioni (il 40% nelle imprese con più di 100 addetti, contro il 30% nelle piccole e nelle medie). Intanto, sono aumentati anche i tassi di stabilizzazione ed è rimasto alto il ricorso alla cig che nel 2010 ha assorbito potenziale forza lavoro pari al 6,3% delle ore lavorabili nell’industria, all’1,3% nei servizi. Riparte la domanda di lavoro a inizio 2011. Il Csc evidenzia che “ha iniziato a espandersi nella prima metà del 2011” e che le imprese che a inizio anno prevedevano un aumento dell’occupazione nei primi sei mesi (22,6%) superano quelle che prevedevano un calo (11%). La situazione, evidenzia Confindustria, si è quindi invertita rispetto a quella rilevata l’anno scorso, quando il saldo delle previsioni era negativo (-5,7%). Tra le imprese che prevedevano un aumento di personale nella prima metà del 2011, la quota maggiore programmava di fare ricorso ai contratti a termine (59,2%). Tuttavia, a inizio 2011 sembrano essere ripartite anche le assunzioni a tempo indeterminato (previste da quasi la metà delle imprese). A livello settoriale, le indicazioni più favorevoli sul mercato del lavoro provengono dai servizi, dove il 25,2% delle imprese prevedono un aumento del personale e l’8,9% una riduzione. Nell’industria in senso stretto il saldo delle risposte scende ma rimane positivo (10,6% in media), tranne che nel tessile-abbigliamento dove si annulla. Nelle costruzioni, invece, è ancora negativo (-2,8%).

Redazione

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