Il Giro d’Italia è di Alberto Contador, lo avevano capito tutti già da uno strappetto insignificante verso Tropea, la certezza assoluta era arrivata sull’Etna, ben prima di Zoncolan, Gardeccia, Colle delle Finestre. Un dominio che, paradossalmente, non ha sminuito l’interesse per il Giro. In tutte le tappe c’è stata attesa per il numero del fuoriclasse, per i suoi scatti, per i gesti di altruismo, come quello che ha regalato la prima vittoria in carriera all’amico faticatore Paolo Tiralongo. Anche nell’ultima cronometro, Contador pur non prendendo rischi, ha fatto vedere tutta la sua classe. Unico neo, che però non riguarda il Giro, l’affare “bistecca avvelenata”, quel giudizio del Tas che pende sul capo dello spagnolo come un macigno, appena alleggerito dagli slittamenti del Tas. Ma. bistecca a parte, ci troviamo di fronte ad un fenomeno puro: lo testimonia la sesta vittoria in una grande corsa a tappe (due Giri, tre Tour, una Vuelta). Mostri sacri come Coppi, Indurain ed Armstrong sono a sette.
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