I tappeti narranti

Vincenzo Calafiore

Sai, è da molto tempo che non parlo con una donna, ti sembrerà strano, ma è così , è la pura verità ….. quante volte ho pensato a questo, l’ho anche scritto chissà su quale quaderno.

Rispecchia in vero una realtà mia, quella di non avere avuto mai il piacere di parlare  a visus con una donna; è difficile, molto difficile, forse perché da una parte c’è l’enfasi o il piacere della conversazione e dall’altra parte c’è il sospetto, la remota convinzione che se un uomo avvicina una donna è solamente per raggiungere un obiettivo o lo scopo, chiamalo come vuoi ma il significato è lo stesso: di portarsela a letto! Ma non è sempre così, non è da tutti gli uomini.

Accade che alla fine mi è sempre convenuto rimanere molto distaccato da questa cosa, tanto che nel tempo sono diventato un introverso o  uno che preferisce starsene più da solo piuttosto che essere al centro di tante attenzioni ipocrite e sporche come l’onta di una bugia.

Mi piacerebbe molto riuscire a parlare così come due vecchi amici che hanno molto da dirsi.

In verità “ tutto “ è cambiato, sono purtroppo uno catapultato da una porta spazio-tempo in questa epoca per me sconosciuta, per certi tantissimi versi ostile; vivo con quella dannata sensazione addosso che si chiama –paura – o forse è solo timore, poco cambierebbe comunque, restando di fatto, uno che la bordeggia piuttosto che viverla.

Nel tempo in cui vivo io, la donna è l’espressione o la rappresentazione della bellezza, e non parlo dell’aspetto o di bellezza fisica, ma di quelle cose che appartenendole, profumano e donano calore all’intorno, questa si chiama in quel mondo: femminilità che poi è eleganza in bocca e nel vivere.

Quelle che ho incontrato casualmente per strada, in questo mio tempo sbandato,hanno poco di quella femminilità, sono delle amazzoni che cavalcano la precarietà, la dissolutezza; riescono ad essere d’una volgarità sopraffina, disgustose con quelle maschere indossate a secondo l’occasione, ma sono soprattutto raffinate amanti del lusso, e sessualmente piacevole amanti occasionali, senza amore, senza patos, senza anima.

Che dico!!! Questo non è da me, io che da sempre amandola, ho cercato di difendere !!

Ma questa notte ho commesso l’errore di aprire lo zaino che mi porto addosso come una seconda pelle; aprendo il quaderno blu, torna la mia mente a Dogharon nel campo profughi iraniano sul confine afgano, in cui  hanno trovato rifugio afgani che sono scampati all’invasione russa. E’ li che l’ho conosciuta mentre lavorava a un suo tappeto narrante … tessuti con simboli che raccontavano tutto il suo amore per la vita, per la bellezza della vita, dell’amore in se, senza nulla elemosinare.

Richiudo lo zaino, tanto qui questa visione non ha alcuna importanza, non troverebbe luogo ne motivi per restare, ne significato.

A poco a poco il cielo si apre sullo scenario di sempre con la stessa scenografia di ieri, di violenze e di soprusi d’ogni genere; chissà se varrà la pena di alzarsi o se varrà la pena distogliere lo sguardo dall’ultimo sogno ..  o sarà meglio rimanere in  questo, piuttosto che in quel mondo là fuori, che come un solo polmone respira e prende fiato.

Risvegliarsi e sperare di non ricordare, e se dovesse accadere pensare a un incubo notturno, è strana però la sabbia lasciata dalle mi scarpe sul marciapiede ed è la stessa che un dì calpestai a Dogharon!

Vincenzo Calafiore

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