Anche il tempo “ invecchia “

Di Vincenzo Calafiore

23 Novembre 2021 Udine

La “ consapevolezza “ delle parole ora mi sembra emergere, per tornare a un tempo arcaico, metafisico, finisce per assoggettarsi a una spirale che assorbe ogni cosa, tracimando il livore dei pensieri su anima e labbra.

Anche il tempo “ invecchia “ e in fretta, passa rapidamente e perde man mano il suo senso, in questa era oscena e di tempo reale, simultaneo.

Così si offre quella “ consapevolezza “  e come il mare, quel suo frangersi su pietre e venti, l’agonizzare lentamente tra le sabbie o nelle serali veste dei cieli calactini, nella quotidianità, investendo come una tempesta i sensi crepuscolari.

Dove la memoria ancestrale restituisce la materia di un ricordo, nel tentativo di confezionare per me un’esile, impercettibile traccia di felicità.

Amore mio lontano che d’eternità vesti i giorni miei dove sei?

Si espandono emozioni al sol ricordo, in un armonia lieve, l’ipermetro d’una felicità interiore, ove a mancare è il calore delle mani, il sapore delle labbra, pervade così l’asserare denso del giorno, la stessa malinconia del vissuto che se ne sta andando nell’inutile attesa.

Tu non lo sai, spesso inesorabilmente, si dipana il soffio della vita nella sua mortale miseria, in quell’acredine che emerge dall’inconfutabile legge della fine …. la mia fine.

C’è nella selenica propensione percettiva del mio cuore un’insistita materia dei sogni, definita e sorretta da un commosso ordito sacrale.

Sono gli stessi sogni  che disperdendosi in lattescenti filamenti lunari, formano una sorta di  tessuto lirico interiore, muschioso, ricolmo di forte rammemorazione.

E’ il mondo dei sogni, con il suo bagaglio di bellezze e di lacerata contemplazione in cui risiedo, ove si diffondono immagini quiete e semplici, profonde , oscurando

nello stesso momento i segnali  premonitrici di un tempo che non conosce sosta.

Sono in realtà solitudini senza tempo che hanno occhi di bambina, e in queste solitudini riaffiorano segmenti nascosti di fanciulla odorosa di mare, mentre sulle sterrate vane attese s’impiglia la catenaria degli anni passati troppo in fretta.

Poi sotto la coltre della dimenticanza ecco che sanguina la carne dell’assolutezza delle  parole, dei pensieri, dell’amore che va spegnendosi piano piano nel desiderio di un mescolarsi nella memoria, alla sua stessa secrezione, nel sacro avvolgersi dell’animo.

E’ un rimanere in vita in questa solitudine estranea e famigliare, nel silenzio, dei deliri notturni!

Vincenzo Calafiore

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