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L’oblio dell’essere in vita

L’oblio dell’essere in vita

Di Vincenzo Calafiore

10 Giugno 2020 Udine

“ …. L’attesa è spasmodica

in questo tempo sbandato, di un qualcosa

di qualcuno. Quel che so con certezza

è che non so mai cosa mi porterà, la marea ! “

     Vincenzo Calafiore ( Cit.)

Se noi dovessimo unirci, non guarderei mai ciò che è avanti voi, tutto è abisso, nero, leghe di distanze, abbandonati e galleggianti in un mare che più non vi appartiene.

Forse ci incontreremo oltre le differenze, io nuotatore del celeste e voi nelle paludi di un sistema che piano vi corrode, vi leva vita.

Io, il grande intimo confidente della notte, perché abbiamo lo stesso viso, ho sentito il suoi bisbigli amorosi; da una finestra spalancata all’immenso ho portato a me le misteriose essenze del mio abbandono ai sargassi. Resterò per voi solo un veliero che scivola nei silenzi della notte, perché ho udito i lamenti dei mari e dei venti, il canto delle stelle, le libertà sognate, tutto in me, dentro i miei respiri notturni.

Io da questo immenso dinanzi agli occhi sento il peso che vi schiaccia, è un tempo che grava su di voi, come un sogno antico dai tanti volti e significati, continuate a nuotare tentando di salvarvi senza sapere che non riuscirete a sfuggirgli, nemmeno arrivando ai suoi stessi confini.

Di notte, le mie adorate infallibili puttane, squallide sentenze che arrivano puntuali assieme ai  sogni ritardatari, contrapposte alla libertà, al mio isolamento, libero di allontanarmi dagli uomini, senza le necessità di denaro, gloria, libero dall’obbligo di cercarli.

Io e il mio palcoscenico di legno antico e saggio, siamo nati liberi, è una libertà che mi libera dalla schiavitù dalle sofferenze e tristezze, dalla mediocrità, dall’ipocrisia, è qui la differenza.

Quante volte seduto sotto quel manto di stelle, ho ricordato gli indimenticabili tramonti, ho avvertito le innumerevoli presenze che stanno in quell’universo dietro gli occhi socchiusi assieme cielo e materia, magie e sogni.

E ci sei Tu! Rosa che si affaccia da un vetro rotto, inebri col tuo profumo i miei sbalzi di desideri in quei filamenti di parole sospesi sopra le distanze che mi separano; la tua bellezza, l’eleganza che hai di un’amapola, la femminilità mi lasciano in quel piacevole stato di abbandono. Questo Amarti è un andare in un cielo segreto, è un lasciarsi andare alla vita, venirti incontro senza camminare.

Sai a volte vorrei che si compisse il miracolo e come ubriaco di felicità andare agli occhi tuoi, ma a vincere è la paura di cadere in un vuoto assoluto non trovandoti, e rimanerci lì col mio segreto in punta di labbra.

Perché tu sai noi apparteniamo alla forte razza dei sogni è così! Noi ci apparteniamo, apparteniamo a chi vogliamo appartenere: ai sogni!

Io scrivo, scrivo perché tu amore mio esista nella mia vita, forse anche perché è una mia maniera di inventarti, perché tu sappia che so amarti e stringerti a me anche da questo mio lontano in una notte come questa di tempesta.

Scrivo di te, perché tu prenda forma, perché si spengano i fuochi ardenti in me, scrivendoti ti faccio mia stesa su un rigo di parole.

Le mie parole… rimangono soli in balia di un vento forte, parole degne di miracolo, tante parole senza salvezza come te come noi.

Se almeno all’alba rimanesse un sogno ad attendermi, se qualcuno, qualcosa apparisse come un sorriso, e sparisse solo per un attimo, giusto il tempo di togliermi la maschera indossata per non farmi riconoscere e trovare dalla triste mia realtà.

In scena, su quegli antichi tavolacci, la mia solitudine celata in un verso rima dolce e soave all’orecchio di chi m’ascolta, mi ha insegnato ad amare questa vita mia di procelle.

E quando le mie tempeste finiranno, non saprò mai come ho fatto a superarla tutta e rimanere a galla vivo, probabilmente  una volta fuori non lo stesso di quando ci sono caduto dentro.

Zittisco i desideri, il rumore loro, che mordono le carni, ora ammiro la bellezza del nulla, l’unica mia certezza senza ipocrisie.

Quindi ora capirete davvero se mi amate o se è stata solo che una squallida esigenza di una compagnia!

Vincenzo Calafiore

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