Mercoledì 5 dicembre, alle 17, la presentazione all’Aquila, nell’Aula Magna del GSSI
C’è come sempre grande attesa per l’uscita dei libri di Goffredo Palmerini, speciali annuari che acquisteranno valore nel tempo come giacimenti di memoria, di storie, di personaggi, di avvenimenti che riguardano la più bella Italia, dentro i confini e nel mondo. E’ prossima la presentazione – il 5 dicembre – dell’ultimo nato “Grand Tour a volo d’Aquila” (One Group Edizioni), a L’Aquila, presso l’Aula magna del Gran Sasso Science Institute. Alla sua Città, con la maiuscola, Palmerini riserva sempre la “prima” presentazione delle sue opere. E’ la Città che egli ha servito per tre decenni come amministratore civico, e che continua a servire con una sapiente comunicazione attraverso la stampa, in Italia e all’estero, mettendone in luce la storia, la tradizione culturale, le meraviglie artistiche e architettoniche che ne fanno una tra le città d’arte più belle e singolari d’Italia, e oltre. A Goffredo Palmerini, a qualche giorno dalla vetrina che illuminerà la sua ultima creatura – ormai siamo felicemente abituati a festeggiarne una ogni anno -, rivolgiamo alcune domande cui volentieri egli si presta a rispondere. A pochi mesi dal decennale del sisma che il 6 aprile 2009 provocò 309 morti a L’Aquila e danni ingenti a tutto il comprensorio, esce il suo nuovo libro “Grand Tour a volo d’Aquila“, che nel titolo e nell’immagine di copertina fa esplicito riferimento al capoluogo abruzzese. «A ciascuno di noi aquilani – lei ha scritto – è assegnato una parte d’impegno nella ricostruzione morale ed etica della nostra città, perché la qualità delle relazioni umane presieda a riedificare il connettivo d’una comunità più forte, perché più unita nei suoi valori fondanti. È il modo migliore per ricordare ed onorare degnamente le 309 vittime del terremoto dell’Aquila». Tutto questo sta avvenendo? L’Aquila è effettivamente di nuovo in volo? In parte sì. Sono un ottimista e mi auguro il meglio per L’Aquila, la “nostra” Città, che è diventata universale dopo la tragedia di 10 anni fa. La ricostruzione privata sta andando avanti bene, quella pubblica incespica e mostra un qualche ritardo. Non mi nascondo che il terremoto del 2009, se da un lato ha permesso a tanti aquilani di dare il meglio di sé, per altri, certo una piccola minoranza, ha esaltato il lato peggiore, con miserie morali e comportamentali talvolta assai vicine allo squallore. Ecco perché l’attenzione, a mio parere, non deve essere rivolta alla sola ricostruzione materiale, ma soprattutto alla ricostruzione del senso di una comunità fondata sui grandi valori civici ed etici. Una ricostruzione morale che attraverso la cultura e l’impegno sociale, generoso e gratuito, ridisegni una Città coesa e solidale, meno abbandonata alle polemiche sterili e più protesa a costruire un futuro, con una visione di ampio orizzonte. In fondo, si tratta di recuperare al meglio lo spirito che nella propria storia plurisecolare ha fatto dell’Aquila la sua forza, la sua resilienza, la sua indole, persino la sua alterigia intellettuale. Ma ora è necessario che esca dal recinto privato anche la sua anima profonda, quella dei sui tanti cittadini orgogliosi della propria Città e disposti a portare – ciascuno il suo – in ogni campo il loro impegno positivo, l’intelligenza, la voglia di futuro, l’attenzione verso gli ultimi, il desiderio di partecipare ad un’impresa comunitaria ed identitaria fondata sui valori, più che sull’interesse. Ecco, se questo potrà essere il cammino che s’intraprende – e sarebbe in linea con i valori civili e spirituali che hanno animato la nostra storia civica -, avremo onorato al meglio le nostre 309 vittime, perché potremo avere L’Aquila migliore di com’era. Nella prefazione Tiziana Grassi evidenzia come, con la sua fitta rete di collegamenti in tutti i continenti, lei abbia dato “il via a un’imponente gara di concreta solidarietà e generosità tra tutti gli Abruzzesi nel mondo e delle loro Associazioni in favore della popolazione aquilana e dei borghi colpiti dal terremoto”. Ci fu una risposta immediata e corale. Ma cosa l’ha maggiormente colpita in quei terribili giorni e quale è l’episodio che ricorda in maniera particolare? Sì, tutte le comunità abruzzesi nel mondo si mobilitarono subito in nostro aiuto, e catalizzarono anche le iniziative delle comunità italiane e persino degli Stati, com’è successo in Canada e Australia. Dalla notte del terremoto non lasciai l’Aquila neanche un giorno. Mi chiamavano anche di notte per sapere quale realmente fosse la situazione, talvolta non fidandosi di quanto veniva rappresentato sui mezzi di comunicazione. E nell’impossibilità di avere un contatto diretto con i vertici delle istituzioni (Comuni, Provincia, Regione) impegnati dall’emergenza post sisma trovarono in me un interlocutore affidabile ed attento, capace di fare da ponte con il sistema istituzionale, anche per i miei trascorsi d’amministratore pubblico. Fu così che iniziarono le loro visite programmate ai centri colpiti dal terremoto, li accompagnavo e prendevo gli appuntamenti per gli incontri. E si parlava di come, dopo l’emergenza, avessero potuto contribuire alla ricostruzione e per fare cosa. E’ stata davvero una gara di generosità che ha operato nel pubblico, ma anche verso il disagio privato. Tanti gli episodi significativi. Ma se ne debbo citare uno in particolare, ricordo quello che riguardò il presidente dell’associazione Abruzzesi in Friuli Venezia Giulia, messosi subito in moto per una famiglia bisognosa che aveva avuto la casa distrutta. Trovato un donatore che offriva la sua roulotte, si partì di notte con lui per portarla all’Aquila a consegnargliela. Ma gesti di generosità e vicinanza ce ne sono stati a migliaia. Abbiamo scoperto il volto più bello degli italiani, qui in patria e all’estero. “Un volume che parla di emozioni e di sentimenti osservati, vissuti e condivisi a cui l’autore partecipa sempre intimamente, restituendo all’essere umano la sua centralità”, evidenzia nella Presentazione Hafez Haidar, scrittore e poeta di origine libanese, candidato al Premio Nobel per la Pace e per la Letteratura. La definisce “un vero missionario della cultura del dialogo, che si adopera incessantemente per tenere vivo il legame degli emigrati italiani (abruzzesi, in primis) sparsi nel mondo con la terra natia”. Cosa l’ha spinta a intraprendere questo straordinario cammino sociale, culturale e umano di Ambasciatore dell’Abruzzo e della più Bella Italia nel Mondo? Il desiderio, quando lasciai il Comune nel 2007, di continuare in altro modo a servire L’Aquila – città che avevo avuto l’onore d’amministrare per quasi 30 anni – operando per farne conoscere bellezze artistiche e le singolarità oltre i nostri confini. Si è poi aggiunto l’Abruzzo, regione incantevole ma pressoché sconosciuta all’estero, e poi ancora l’Italia nella sua provincia più profonda, così ricca ed intrigante di bellezze artistiche, di colori e sapori, di costumi e tradizioni, che all’estero non arriva quasi mai, perché là vendono solo pacchetti turistici preconfezionati con solo una decina di luoghi, sempre gli stessi. Quest’opera di ambasciatore si avvale della straordinaria rete di giornali e network in lingua italiana nel mondo, sui quali scrivo con assiduità e frequenza, raccontando eventi culturali, viaggi, storie e personaggi. Ma anche di incontri con le nostre comunità all’estero, che vado a visitare, profittando in quelle occasioni di incuriosire e stimolare le terze e quarte generazioni della nostra emigrazione a conoscere le meraviglie della terra natale dei loro nonni e avi.
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