Watamu è una delle località turistiche più apprezzate di tutto il Kenya: bagnata dalle acque dell’Oceano Indiano, accoglie non più di 2mila abitanti, il che dimostra come anche un villaggio di dimensioni ridotte si possa trasformare in una meta conosciuta in tutto il mondo grazie alle sue bellezze. Il nome Watamu vuol dire, letteralmente, “gente dolce”, e mai traduzione fu più veritiera: chiunque abbia avuto l’opportunità di trascorrere almeno qualche giorno a queste latitudini ha avuto la conferma dell’essenza poetica e cordiale degli abitanti del posto. Il Kenya, insomma, non è solo parchi nazionali e safari alla ricerca di animali maestosi: per fortuna esistono ancora delle piccole oasi, note ai turisti ma al tempo stesso ancora immuni rispetto al cosiddetto turismo di massa, che si mantengono splendide.
In effetti a Watamu e dintorni i resort non mancano di certo: insomma, chi vuol sperimentare il fascino delle spiagge locali può godere di tutti i servizi che desidera. La storia del villaggio è alquanto recente, visto che la sua fondazione risale alla metà del secolo scorso: a quell’epoca, il governo britannico, che considerava il Kenya ancora una colonia, aveva dato ad alcuni cittadini inglesi degli appezzamenti di terreno in locazione. Un altro tratto di costa, invece, era stato concesso a degli investitori internazionali, che così diedero il via a un’espansione urbana non eccessiva ma comunque redditizia: oggi in alta stagione a Watamu si contano circa 9mila persone.
Watamu è una sorta di paradiso terrestre, al punto che nel 1968 è nato il Watamu Marine National Park & Reserve, mentre una decina di anni più tardi l’Unesco ha dichiarato questo sito Riserva della Biosfera, con l’intento di avviare un piano di salvaguardia dell’ambiente. A pochi chilometri di distanza, per altro, sono presenti le rovine di Gede, un’antica città swahili che era stata fondata nel XII secolo ed era rimasta abitata sino al Seicento, prima di essere abbandonata.
Anche se può apparire un villaggio poco popoloso, Watamu è ricco di vita, fin dalle prime ore dell’alba. Per spostarsi dal resort in cui si sta soggiornando fino al paese ci si può servire di un bajaj, vale a dire una moto utilizzata come taxi. Nel giro di breve tempo è molto probabile che si venga circondati da giovani del posto che, in cambio di una ricompensa economica, si propongono come guide, parlando un italiano più o meno comprensibile, che illustrino le abitudini di Watamu e spieghino quali sono i siti più interessanti da visitare. Nel cimitero musulmano c’è la pianta del chinino, mentre lungo la Watamu Beach Road vengono allestite le bancarelle dei commercianti: sono questi alcuni dei punti di riferimento del posto, insieme con le varie botteghe artigiane e il pozzo da cui viene prelevata l’acqua.
La vita notturna non è certo paragonabile a quella di Ibiza o di Formentera, ma anche da queste parti c’è una certa movida, soprattutto per merito del Come Back Club, situato sulla Watamu Beach Road, con dj e musica a tutto volume fino a notte inoltrata. Dopo il tramonto ci si può concedere anche una passeggiata in spiaggia: sabbia fine e bianca che si estende per sette chilometri nelle tre baie del luogo.
La superficie del Watamu Marine National Park & Reserve si estende su poco meno di 230 chilometri quadrati, inclusa la riserva adiacente. Oltre alla spiaggia, lo spettacolo naturale è offerto dalla barriera corallina e dalla laguna, con le maree che una volta ogni sei ore modificano il paesaggio. Da non perdere, tra l’altro, i 32 chilometri quadrati della baia di Mida Creek, con le sue mangrovie.
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