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Le tradizioni “reggine” a Udine: la frittolata

La Klimasystem di Sebastiano Nicolò, un “reggino” come me trapiantato a Udine, titolare della ditta citata, ogni fine anno organizza come sempre fa da buon calabrese, per ringraziare e fare gli auguri di “ Natale” a collaboratori, fornitori, e agli idraulici, una bicchierata come si usa dire. Ma quest’anno ha fatto una cosa speciale davvero, aiutato dall’energica mamma Caterina Giunta, di 70 anni, che ha condiviso e realizzato il desiderio del figlio Sebastiano che le aveva proposto di fare una “ frittolata”alla reggina. Facile a dirsi, difficoltoso a realizzare il desiderio, qui in terra friulana e in una Udine in cui di questa “ fritto lata “ non ne sanno nulla. Allora comincio con lo spiegare cosa sia una “ frittolata “ ! Ma cosa sono le frittole? Le frittole sono un piatto tipico della gastronomia calabrese, che viene preparato con le parti meno nobili del maiale, come cotenna, zampe, orecchie, ossa, ed ha chiare radici nella cultura povera contadina, che appunto eliminava ogni spreco. Le frittole si ottengono riscaldando la cotenna del maiale (grossolanamente privata di setole e altre impurità), in un pentolone di rame stagnato, detto caddàra (quadàra o cardara in altri paesi vicino al capoluogo). Durante la laboriosa fase di preparazione la pentola viene letteralmente foderata di cotenna, ponendo attenzione a che il grasso sia rivolto verso l’interno. In tal modo esso si scioglie senza aggiunta di acqua. Quando il grasso è parzialmente sciolto si dispongono, con particolari accorgimenti in relazione alle dimensioni ed al tipo di carne, le costine e le parti meno nobili del maiale (collo, guancia, lingua, muso, orecchie, gamboni, pancia, rognoni e tutte quelle parti che non possono essere consumate in altro modo) e si lasciano bollire a fuoco lentissimo nel grasso per almeno sei ore, aggiungendo solo sale e rimescolando frequentemente. Con questo procedimento la carne si impregna del sapore del grasso e diventa molto tenera, rendendo edibili anche le parti cartilaginee. Cotturanella Caddàra o QuadàraTradizionalmente la caddàra veniva allestita fuori dalle abitazioni contadine quando si macellava il maiale, evento che si verificava una volta all’anno viste le condizioni economiche della zona. Oggi la si vede sobbollire accanto alle macellerie reggine, che il sabato preparano la cottura per servire già a metà mattino la pietanza, accompagnata a pane e cosparsa di pepe nero. La caddàra va consumata necessariamente calda, meglio se appena levata dalla pentola. Ciò che resta viene poi venduto per il pranzo del sabato.Come accennato sopra, una volta esaurite le parti di maggiori dimensioni, tutto quello che rimane sul fondo del pentolone, come piccoli pezzi di carne, cotenna e sugna, si solidifica e prende il nome di curcùci (Reggio) o salimorati (zone limitrofe) o risimoglie (catanzarese). Il prodotto è molto simile ai ciccioli napoletani. Grazie alla conservazione sotto lo strato di sugna, le curcùci possono essere successivamente consumate in diversi modi. Alcune preparazioni tipiche sono la a pulenta chi brocculi e curcuci (che si consuma durante l’inverno) e la pitta ca ricotta, l’ovu e curcuci, una sorta di pizza chiusa in crosta che costituisce anche il piatto tipico della scampagnata del Lunedì dell’Angelo. Ecco, questo piatto prelibato, consumato meglio in un panino caldo, accompagnato da un buon bicchiere di vino; bella l’idea di Sebastiano Nicolò, quella di offrire all’interno della sua impresa, generosamente come solo sanno fare i “ Reggini “ le frittole ai suoi collaboratori. Quel giorno eravamo pochi reggini e tanti tantissimi i friulani seduti alla lunga tavolata imbandita di ogni cosa e di piatti pieni di frittole, vino e birra a volontà e come se non bastasse a lato c’era un bel prosciutto a disposizione di chi lo volesse ed erano tanti in coda ad attendere l’omaggio tagliato rigorosamente a coltello. Va detto anche che alla fine del pranzo era offerto anche un pacco dono con dolciumi che il titolare della Klimasystem Sebastiano Nicolò ha acquistato da una Onlus per fare beneficenza…. Più magnanimità di questa non si può! Alla riuscita della festa – La fritto lata – hanno contribuito oltre che alla mamma Signora Caterina Giunta, la sposa di Sebastiano, i parenti e in fine anche Giuseppe Abrami che ha cercato in loco, altre parti nobili per completare il pentolone. E’ per me motivo di orgoglio avere come amici persone così che nonostante le difficoltà economiche del mercato, le precarietà giornaliere, affrontando a spese proprio l’acquisto del necessario per realizzare un’idea quasi impensabile, qui a Udine ma è accaduto il 22 Dicembre 2017! Complimenti e grazie di questa rimpatriata tutta “ Riggitana”.

Redazione

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