Un messaggio inquietante che si inserisce in una vera e propria escalation. Si tratta, infatti, del terzo attentato ad una chiesa dopo quelli dei mesi scorsi contro il Duomo e San Tommaso. L’ipotesi degli inquirenti è che la mano sia la stessa.
L’ordigno di fattura rudimentale è stato fatto esplodere nella notte da ignoti davanti al portone della Chiesa di San Marco alle Paludi a Fermo, di cui è parroco don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco.
Fortunatamente nessuno è rimasto ferito, ma i danni sono ingenti. L’esplosione ha frantumato le vetrate e il rosone della cappella, e ha svegliato i residenti.
Don Vinicio Albanesi è anche direttore della Caritas diocesana, molto impegnata nell’assistenza ai poveri e ai migranti.
Ecco come opera la Comunità di Capodarco (scheda e foto tratte dal sito istituzionale)
Nel Natale del 1966 un piccolo gruppo di tredici persone disabili e un giovane prete, don Franco Monterubbianesi, decidono di cominciare l’avventura di una vita in comune in una vecchia villa abbandonata a Capodarco di Fermo nelle Marche.
Rapidamente molti altri ragazzi e ragazze volontari e altri giovani disabili scelgono di vivere in comunità. Dai tredici membri iniziali si passa agli oltre cento del 1970. Passano ancora pochi anni e la Comunità assume una dimensione nazionale: nascono le Comunità di Sestu, Fabriano, Gubbio, Udine, Lamezia Terme, Roma.
Oggi la Comunità è presente, in Italia, in diverse città e regioni italiane, di essa fanno parte centinaia di persone tra comunitari, ragazzi impegnati nel servizio civile, operatori sociali, volontari.
Dagli anni 90 la Comunità si è allargata fuori dai confini nazionali, dando vita alla Comunità Internazionale di Capodarco (CICa), un’organizzazione non governativa di solidarietà, che si propone di dare risposte ai problemi dei poveri e degli emarginati di tutti i continenti, con progetti attivi in Ecuador, Guatemala, Kossovo e Albania.
La consapevolezza che l’integrazione passa per un mutamento di mentalità ha portato la Comunità, nel corso degli anni, ad ampliare i suoi orizzonti culturali e politici.
Ne sono un esempio i convegni annuali organizzati a Capodarco di Fermo, la presenza della Comunità in coordinamenti nazionali come il Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza (CNCA) e il CESC, l’attivazione di un Ufficio Nazionale che svolge funzioni di coordinamento e raccordo tra le diverse comunità sparse sul territorio nazionale e di rappresentanza esterna con le istituzioni.
La Comunità è così diventata un punto di riferimento nelle città e nei quartieri per quanti si battono per una liberazione integrale dell’individuo.
La Comunità di Capodarco è presieduta dal 1994 da don Vinicio Albanesi, presidente di un consiglio composto dai vari responsabili delle comunità locali.
Dal febbraio 2001 la Comunità è inoltre editore dell’Agenzia giornalistica quotidiana Redattore Sociale.
Alla base del progetto della Comunità c’è un processo di liberazione individuale e collettivo di coloro che non sono tutelati . La Comunità sceglie di stare dalla parte di chi non ha questi diritti ed agisce perché i non tutelati e i non garantiti si formino una coscienza dei loro diritti e doveri per diventare i soggetti della propria liberazione e riscatto.
Questo processo si basa su alcuni principi di fondo:
Forse il modo migliore per raccontare la storia della Comunità di Capodarco è quello di sentire le parole del fondatore Don Franco Monterubbianesi nell‘intervista raccolta da Marco Damilano (obiettore di coscienza a Capodarco, oggi giornalista de “L’Espresso“) per festeggiare i suoi 70 anni.
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