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Genova, sedicenne di buona famiglia indotta a diventare attrice di film porno

Hanno fatto leva sui sogni e la buona fede di una giovanissima. Lei inseguiva una carriera nel mondo della spettacolo o della moda. Ha trovato sul web persone senza scrupoli che volevano farla diventare un attrice di film pornografici a soli 16 anni rivendendo quel materiale ai pedofili attraverso Internet.

La studentessa genovese di buona famiglia ha convinto i genitori che quella era la sua strada. Quelle foto giorno dopo giorno diventavano sempre più spinte, sempre meno artistiche. Fino ad arrivare a girare film hard.

“Se vuoi fare strada nel mondo dello spettacolo, devi fare anche quelli” le diceva il fotoreporter romano intercettato dagli agenti della polizia postale. La ragazza ha iniziato così a girare l’Italia per produrre filmati pedopornografici destinati ad alimentare il mercato tedesco ed americano.

I pedofili avevano allestito all’interno di studi fotografici o alberghi di Roma, Savona, Milano veri e propri set cinematografici. In tutto nei guai sono finiti in 13. Si tratta di persone tra i trenta e sessant’anni originari di Genova, Savona, Roma e Milano.

Tra gli indagati ci sarebbe anche un ispettore di polizia giudiziaria dell’Asl3 ed anche dipendenti del pubblico impiego (autisti di autobus, orafi, impiegati, controllori di Amt, metalmeccanico). Persone dalla doppia vita. Le indagini sono state coordinate dal sostituto procuratore Alberto Landolfi.

È anche emerso che per fare entrare la sedicenne negli hotel venivano utilizzati documenti falsi e che in più di un’occasione prima l’avevano fatta ubriacare. Alcuni di questi indagati hanno anche avuto rapporti sessuali con la ragazzina recitando alcune scene nei filmini hard. La sedicenne veniva pagata fino a 250 euro per fornire queste prestazioni sessuali. Con i proventi, è stato monitorato, faceva shopping e comprava oggetti hi tech. La studentessa genovese era stata agganciata attraverso la pagina di Facebook.

I genitori avevano dato il consenso a quegli scatti ma poi sono stati loro a scoprire che le foto non erano artistiche ma pornografiche. In particolare la giovane veniva costretta a posare in foto “met art”, di cui il nome dell’operazione di Polizia, un tipo di nudo particolarmente scabroso.

Redazione

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