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Ancona, operazione Fantafarma scoperta frode da 30 milioni

Sono sette le persone indagate nell’operazione Fantafarma, alle quali sono stati sequestrati beni (conti correnti e abitazioni in tutta Italia) per un milione e mezzo di euro. Alla base del raggiro, false fatture emesse per simulare la compravendita di prodotti farmaceutici tra società italiane ed estere.

La Guardia di finanza di Ancona ha fatto così luce su una frode fiscale transnazionale per oltre 30 milioni di euro.

Una vera e propria associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale transnazionale e al trasferimento all’estero di capitali, ramificata da lungo tempo nel tessuto economico marchigiano e portata alla luce dopo due anni di investigazioni dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Ancona. I sette responsabili dei reati, residenti tanto nelle Marche, quanto in altre regioni italiane e all’estero, sono stati colpiti dai sequestri “per equivalente” di denaro e beni immobili. Le indagini sono iniziate quando, al termine di alcune verifiche fiscali, gli investigatori del Comando di Ancona hanno messo in luce operazioni commerciali, del tutto fittizie, ideate per consentire, ai promotori del raggiro, di “caricare” nelle dichiarazioni dei redditi e Iva costi di acquisto mai sostenuti, per importi milionari. Gli accertamenti sono poi proseguiti sotto la direzione della locale Procura della Repubblica, attraverso intercettazioni telefoniche, perquisizioni, indagini bancarie, sopralluoghi e richieste di rogatorie internazionali nel Regno Unito, a Cipro e nella Repubblica di San Marino.
L’ingente mole di documentazione acquisita ha permesso di confermare che i farmaci erano movimentati solo sulla carta e mai, effettivamente, acquistati dalle società nazionali ed estere. In particolare, le società localizzate oltre i confini nazionali si sono rivelate meri recapiti di facciata, privi di uffici, attrezzature, depositi e strumentazioni e i relativi conti correnti bancari sono stati utilizzati quale strumento per spostare all’estero le ricchezze illecite derivanti dai reati. Per incrementare l’ammontare dei costi da portare in deduzione, i responsabili degli illeciti hanno aumentato le provvigioni riconosciute ai vari agenti commerciali, di modo da ottenere ulteriori esborsi monetari per abbattere gli utili d’esercizio.
Accanto alle simulate operazioni di compravendita dei farmaci, gli indagati hanno finto di porre in essere servizi di pubblicità, marketing e deposito di farmaci per contribuire a incrementare le voci di costo deducibili nelle dichiarazioni fiscali.

Redazione

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