Per dieci anni Antonio Pelle (detto ‘Ntoni gambazza) ha avuto garantita la latitanza ed ha potuto continuare a gestire affari d’ogni genere. Per proteggere uno dei boss più potenti della ‘ndrangheta di San Luca, la sua famiglia aveva messo in piedi una rete di fiancheggiatori imponente. Gente fidatissima e legata a doppio filo con il clan del mammasantissima dell’Aspromonte. A distanza di tre anni dalla sua cattura avvenuta in un ospedale di Polistena (Pelle è poi morto alcuni mesi dopo), gli specialisti del Ros e della Compagnia dei carabinieri di Reggio Calabria, hanno chiuso il cerchio arrestando 26 persone, responsabili a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso e mancata osservanza della pena.
Sono tutte persone che in diverse fasi hanno garantito la fuga di “gambazza”. L’inchiesta della Dda reggina (firmata dal Procuratore Ottavio Sferlazza, dall’aggiunto Nicola Gratteri e dal pm Francesco Tedesco) ha ricostruito la latitanza di Pelle dal 2007 al 2009, scoprendo che l’uomo fu ospite in almeno quattro diverse località: tre in Calabria e una in Piemonte. Un’organizzazione militare che ha fallito nel 2009 soltanto perché il padrino era stato male ed era stato necessario un ricovero urgente in ospedale. E seguendo i familiari preoccupati per le sue condizioni di salute, gli uomini del Ros lo arrestarono mentre era ancora allettato in corsia.
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