Polistena, ritardo taglio cesareo compromette funzioni neuro psichiche di bambino taurianovese

Due medici dell’Ospedale di Polistena, i dottori Pietro Interdonato e Francesco Romeo, saranno processati l’11 gennaio del 2013, davanti alla sezione distaccate di Cinquefrondi del Tribunale di Palmi in quanto accusati dei reati di concorso in lesioni gravissime verso un neonato.

Il Pubblico Ministero  presso il Tribunale di Palmi, dottore Francesco Frettoni in seguito alla denuncia dei genitori del piccolo A.d.s. assistiti dall’avvocato Antonino Napoli, vice presidente e responsabile legale dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori, ha disposto una serie di indagini ed una perizia, svolta nelle forme dell’incidente probatorio, che avrebbero accertato la responsabilità dei dottori Pietro Interdonato e Francesco Romeo medici effettivi presso il reparto di Ginecologia ed Ostetricia dell’Ospedale di Polistena.

I predetti medici sono accusati di non aver effettuato tempestivamente un taglio cesareo alla signora Rosanna Laruffa che, alla 36a settimana di gravidanza ad alto rischio, caratterizzata da rilevanti problemi di ipertensione, versava in una condizione di travaglio pre partum con sofferenza fetale e non aver assicurato una sollecita ed adeguata terapia neonatale al piccolo A., determinamdo l’aggravamento di un’encefalopatia ipossico ischemica insorta a livello fetale negli ultimi giorni della gravidanza e così concorrendo a cagionare al piccolo A. d.s., nato alle ore 08:45 del 31 agosto 2010, lesioni gravi e gravissime.

Più in particolare, la sera del 30 agosto 2010 la signora Laruffa, avvertendo contrazioni che progressivamente aumentavano e si facevano dolorose, contattava telefonicamente il dott. Romeo, suo ginecologo di fiducia, senza però ricevere indicazioni di recarsi in ospedale.

Successivamente, avvertendo dolori ancora più forti, si recava di propria iniziativa presso il presidio ospedaliero di Polistena, da dove suo marito Francesco De Salvo contattava telefonicamente più volte il dott. Romeo, il quale però non acconsentiva alla richiesta del De Salvo di recarsi in ospedale, affermando che avrebbe seguito la situazione da casa tenendosi in contatto con l’ospedale.

Nonostante la situazione di travaglio fetale e benché già alle ore 02:30/02:50 lo stato ipertensivo della Laruffa fosse stato ricondotto a livelli compatibili con un taglio cesareo, il dott. Interdonato, ginecologo di turno quella notte, non attivava le procedure per l’effettuazione del parto cesareo, ma manteneva la paziente in osservazione sino alle ore 08:30 del mattino, quando, dopo che alle ore 07:30 un esame cardiotocografico aveva evidenziato un tracciato anormale e dopo che alle ore 08:25 un’ecografia effettuata dal dott. Romeo, frattanto giunto in ospedale per l’inizio del suo turno intorno alle ore 08:00, aveva rivelato la riduzione del liquido amniotico ed una flussimetria alterata, si procedeva agli atti preparatori del taglio cesareo, che veniva posto in essere intorno alle ore ore 08:45.

Al momento del parto, inoltre, non veniva immediatamente predisposto quanto necessario per l’immediato trasferimento del nascituro in una struttura ospedaliera dotata di terapia intensiva neonatale, a ciò si provvedeva solo dopo più di un’ora dal parto, dapprima cercando infruttuosamente disponibilità di posti presso la Tin di Reggio Calabria e poi rivolgendosi alla Tin di Lamezia Terme, dove peraltro il piccolo A. doveva essere portato mediante elisoccorso a seguito dell’accertata difficoltà di reperire un’ambulanza in sede.

“In questo modo il dott. Romeo ed il dott. Interdonato, per colpa consistita in imprudenza, imperizia e negligenza, sottovalutando la gravità della situazione di travaglio pre partum della signora Laruffa – si legge in una nota dei legali della partoriente – e di sofferenza fetale del nascituro, non avviando la partoriente ad una struttura ospedaliera adeguata, dotata di reparto di terapia intensiva neonatale, ritardando di cinque-sei ore l’effettuazione del taglio cesareo rispetto al momento in cui questo era necessario e praticabile ed inoltre provvedendo con ulteriore ritardo al trasferimento del neonato presso un ospedale dotato di Tin, concorrevano ad aggravare nel piccolo A. d.s. un’encefalopatia (leucoencefalomalacia periventricolare) ipossico-ischemica insorta a livello fetale negli ultimi giorni della gravidanza e così cagionandogli una compromissione della funzione neuro-psichica foriera di lesioni gravi e gravissime.