Il Ministro dell’Interno vorrebbe che anche il cerimoniale avesse il segno di un’investitura per raccogliere l’eredità bossiana. Già lo sta facendo intestandosi tutto l’anti berlusconismo che circola nelle vene leghiste. E anche tutta la rabbia cresciuta tra gli amministratori virtuosi del Nord con le mani legate dal patto di stabilità presieduto da Tremonti. Maroni lavora a rifondare il centrodestra, a reagire al tramonto di Berlusconi e Bossi. E su questa strada inevitabilmente dovrà incrociare Angelino Alfano che il primo luglio verrà nominato segretario del PdL. Maroni è già un outsider. Vanta un pedigree politico che affonda le sue radici negli anni eroici del Carroccio quando, una notte, per andare ad attaccare i manifesti del movimento, l’Umberto lo convinse ad usare la macchina della madre ma finirono per versare nell’abitacolo il bidone di colla. A casa furono guai per Bobo. Alfano invece dovrà mostrare forza e autonomia politica, evitare di farsi fagocitare dai coordinatori Verdini e La Russa, avere polso nel governare un partito balcanizzato in piena emorragia di voti. C’è addirittura chi, dentro e fuori il PdL, lo considera già bruciato prima ancora di iniziare. Ma a Pontida c’è anche chi si attende che Maroni convinca Bossi a lasciare Berlusconi ed aprire la strada alla crisi di Governo ed un nuovo esecutivo balneare.
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