Io, la mia prigione

Io, la mia prigione Di Vincenzo Calafiore 06 Luglio 2017 Udine Ti sei chiesto mai che significhi “ affrontamento “ ? E’ un percorso di trascendimento della propria condizione, per una strada che potrebbe essere sociale, ma passa preliminarmente attraverso l’individuo. Affrontamento dunque significa partire da una condizione, come dato, e di lì rendersi disponibili per un’avventura che è solamente ed unicamente personale ma che potrebbe per cause finire per confermare un solipsismo integrato e senza speranze. E questo è un grande rischio di finire prigioniero di un labirinto, entro cui ci si può perdere senza alcuna possibilità di salvezza. Sto cercando di tenermi stretta nel cuore la chiave dei sogni, difenderla dall’aberrante che sovrasta, dall’ignominia entrando ed uscendo da questa vita di magici specchi. Dovrei fare come gli sciamani che si arrampicano su una scala verso il cielo o si inabissano nel profondo regno di Sedna, accompagnato dal mio spirito guida. A volte non so neppure io dove mi trovo, non so se questo che sto vivendo è un brutto sogno o un incubo, e sono solo col mio regno dei sogni, e i sogni sono molti e mi altaleno dall’uno all’altro finchè lo stesso reale si confonde con essi. Ma quel termine, affrontamento può avere anche il significato di distanza; distanza dall’idiozia, dalla vaghezza, dal dolore gratuito, dalla schiavitù, dalla prigione. Allora il solipsismo magico ( Atteggiamento filosofico secondo il quale il soggetto pensante non può affermare che la propria individuale esistenza in quanto ogni altra realtà si risolve nel suo pensiero) pur intrinseco di dolore si trasforma in parole autentiche, capaci di amore e di ragione. Forse e inconsciamente sto scrivendo una lettera attraverso la quale rappresentare i miei disagi di uomo non più libero, ne rappresentativo; ma se fosse così che razza mai di uomo sarei? Vorrei che fosse accolta come un pezzo di letteratura o come una lettera che viene dall’inferno. Vorrei che oltre a suscitare emozioni, facesse appello alle molte ragioni mancate, in questa contesto sociale stravolto e stravolgente, dissanguato. Da questo punto in poi, le vicende, i sogni, le speranze, diventano opere teatrali, recitate male e più da comparse che da attori veri, sanguigni, animali da palcoscenico che ci vengono in contro non per graziare ma per sedurre. Stanno ormai dietro le spalle i tempi in cui bastava sognare per essere felici e oggi che si ha tutto non lo siamo; finito il tempo dello spontaneismo che rigettava ogni teoria, rigettate come inutili sovrastrutture. Si è andato così esaurendo il filone di testimonianze che avrebbero potuto mantenere una propria significatività … fine ingloriosa dunque ma che meriterebbe un ripensamento che mai ci sarà. Da autodidatta e mezzo analfabeta scrivo continuamente lettere dal carcere chissà, forse per evadere, io con la mia cultura guadagnata leggendo molti libri con occhi voraci, quanto non sono mai state la bocca e la gola! Ed è innegabile che senza il mio carcere personale non avrei vissuto gli orrori assoluti, da cui ho sempre cercato di fuggire rifugiandomi nel regno della fantasia!