Mostra su Caterina Boratto: una vita da leggenda e non solo nel cinema

La diva degli anni Quaranta incantò Hollywood e due generazioni di italiani. In occasione dell’anniversario della nascita di Caterina Boratto (15 marzo 1915) la Casa del Cinema le rende omaggio in queste ore con la proiezione di alcuni suoi celebri film impreziosita da contributi documentali e letterari a partire da quello del figlio, Paolo Ceratto, co-autore del libro a lei dedicato.

Grandi amori, torbidi e tragici, non mancarono certo alla divina. Primo fra tutti quello per l’eroe di guerra, il conte Guidi di Romena. La morte del conte in un incidente aereo durante il conflitto mondiale contribuisce a costruire l’immagine dell’eroina da romanzo rosa che la Boratto si porterà dietro per tutta la vita nonostante le mille svolte che questa ebbe.

Il successo di “Vivere” le spalancò le porte di Hollywood e degli Studios. La guerra e il fascismo la trasformarono in “nemica degli Stati Uniti” costringendola al ritorno in patria dove rimase protagonista sugli schermi italiani fino al film “Campo de’Fiori” di Mario Bonnard del 1943 sceneggiato anche dal giovane Fellini che avrà poi un ruolo decisivo per la sua rinascita artistica.

Rivede e sposa nel 1944 un amico d’infanzia, Armando Ceratto, proprietario della Clinica Sanatrix e legato alla Resistenza torinese, che ospitò diversi partigiani e anche l’amministratore della FIAT Vittorio Valletta.

Dopo un fugace ritorno sugli schermi con  “Il Tradimento” di Riccardo Freda nel 1951, fu Federico Fellini a indurla a tornare in attività agli inizi degli anni Sessanta offrendole una parte in “8 ½”. Questa occasione le aprì una nuova prospettiva in un cinema tanto diverso da quello che aveva conquistato da giovane e le permise di frequentare tutti i generi cinematografici: la commedia musicale con Lina Wertmüller (“Non stuzzicate la zanzara”, 1967), il thriller con Mario Bava (“Diabolik”, 1968), il kolossal con Sidney Pollack (“Ardenne ‘44”, 1969), la satira con Luciano De Crescenzo (“32 dicembre”, 1988). E naturalmente il miglior cinema d’autore di quegli anni con maestri come Pasolini, Dino Risi, Ettore Scola, Franco Brusati e Federico Fellini (che la diresse anche in “Le notti di Cabiria”) il cui incontro rimase il vero snodo della sua doppia vita da diva.