Banche, arriva il decreto scudo

Ci siamo lasciati alle spalle un annus horribilis per le banche italiane, finite al centro di polemiche (e notizie di cronaca) per scandali, problemi e difficoltà. Una situazione che necessitava di un intervento da parte del Governo, che si è concretizzato il 16 febbraio con l’approvazione definitiva del cosiddetto decreto salva-banche, già pubblicato sulla Gazzetta ufficiale e divenuto quindi legge. sdl centrostudi contro l'usura bancariaL’approvazione dello scudo. Che si chiami scudo salva-risparmio o decreto salva-banche poco cambia, perché il nocciolo della questione è che si è finalmente chiuso l’iter burocratico per un provvedimento che, come ha detto il premier Gentiloni, dovrebbe garantire “un passo avanti per garantire più sicurezza economica a famiglie e imprese”. Il voto finale alla Camera parla di 246 sì al decreto, che arrivano dopo una doppia fiducia all’intervento da 20 miliardi di euro che daranno ossigeno al sistema bancario nazionale, per fronteggiare in prima battuta la crisi di Mps. Lo scenario attuale. Ora saranno le banche a potere – o in certi casi gravi a dovere – chiedere garanzie pubbliche sulle operazioni straordinarie di liquidità o fare riferimento all’intervento dello Stato per le ricapitalizzazioni precauzionali; gli occhi degli esperti sono proprio fissati sul Monte del Paschi di Siena, per il quale è previsto un intervento del Tesoro con 6,6 miliardi, ma altrettanto probabile è il coinvolgimento delle banche venete, che stanno valutando l’ipotesi. Il salvataggio delle banche. Nel lungo processo di discussione del decreto, poi, la Banca d’Italia ha già chiuso il processo di salvataggio di tre delle quattro banche in dissesto, messe in risoluzione il 22 novembre del 2015 dopo diversi mesi di commissariamento: per la precisione, Nuova Banca Marche, Nuova Banca Etruria e Nuova Cassa di Risparmio di Chieti sono state formalmente cedute a Ubi Banca, mentre va avanti la trattativa per il passaggio della Nuova CariFerrara a Bper. Operazioni che obbligano il Fondo nazionale di risoluzione a sostenere ulteriori oneri, il cui valore residuo ammonta a 1,5 miliardi, con strumenti di contribuito già messi a punto da Bankitalia stessa. Gli effetti. Come sempre, ora si attendono gli effetti di questi interventi sul mercato degli investimenti e sui prodotti offerti agli utenti: come ricorda il sito www.fissovariabile.it, la guida sul Web a tutte le tematiche relative al mondo della finanza, la situazione del credito in Italia è ancora molto critica, in particolare sul fronte dei non performing loan, e a risentirne sono proprio le soluzioni proposte ai risparmiatori. La black list. Tornando al decreto definitivo, poi, bisogna ancora sottolineare le modifiche apportate dal Parlamento; il più critico (e criticato) è il nodo della “black list” dei debitori delle banche in crisi, per cui si è scelto un compromesso: non saranno quindi resi noti i nomi di queste persone, ma solo “i profili di rischio e meriti di credito” di chi ha ricevuto prestiti sopra l’1% del patrimonio netto delle banche che chiedono il sostegno pubblico. Le modifiche introdotte. Cambia anche l’applicazione del burden sharing, che sarà per così dire attenuato attraverso il riacquisto delle azioni in cambio di bond senior solo per le obbligazioni subordinate acquistate entro il primo gennaio 2016, data dell’entrata in vigore del bail in. Prevista anche una misura anti-speculatori, perché è stato fissato un limite al riacquisto delle azioni che il risparmiatore ottiene con l’applicazione del burden sharing, che è ancorato al prezzo di acquisto dei bond subordinati e non al loro valore nominale. Definiti infine i criteri di valorizzazione delle azioni delle banche che chiedono la ricapitalizzazione, a seconda che siano quotate in Borsa o meno, e definiti anche i possibili tetti alle remunerazioni dei manager degli istituti che vanno in ricapitalizzazione pubblica.