Mutui, è boom del tasso fisso. Ma conviene davvero?

In tema mutui, la domanda che viene immediatamente in mente è: tasso fisso o variabile? Secondo le ultime indicazioni, circa il 75 per cento dei nuovi mutui stipulati in Italia sono a tasso fisso, una tendenza che dovrebbe proseguire immutata fino a tutto il 2016. Ma è davvero la scelta giusta?

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Negli ultimi mesi, tre italiani su quattro che hanno deciso di accendere un mutuo di finanziamento per l’acquisto della casa ha puntato sul tasso fisso. Secondo le ultime rilevazioni, infatti, la percentuale di mutuatari che ha privilegiato la stabilità e la sicurezza è arrivata al 75 per cento del totale, comprendendo anche i casi di surroga e sostituzione, mentre solo un 25 per cento di italiani ha preferito puntare sul tasso variabile; una tendenza che dovrebbe proseguire fino a fine anno, grazie alla riduzione dei costi del fisso, che ha rilanciato anche il mercato dei prestiti in generale.

Occhio al web. Ulteriore spinta alla richiesta di prestiti arriva anche dalle nuove frontiere del web, che ormai rappresenta una scelta affidabile e sicura per sempre più italiani; merito, anche, dell’entrata in scena di Istituti creditizi affidabili come Ing Direct, che con la sua proposta Mutuo Arancio offre una soluzione versatile e conveniente per tutti quelli che hanno bisogno di mutui per acquistare o ristrutturare casa, o per sostituire un prestito già acceso in passato.

Quanto costa il mutuo a tasso fisso. Oggi, infatti, il mercato del credito è profondamente differente rispetto a quello di un decennio fa (e non solo). Il mutuo a tasso fisso, ad esempio, è sceso anche al di sotto della barriera dell’1,5 per cento, con alcuni istituti che propongono un Tasso annuo nominale (il Tan) che è appunto inferiore a questa soglia; chi poi si orienta su durate basse, come quelle a 10 anni, può approfittare anche della convenienza di un indice Irs proporzionalmente inferiore: negli ultimi tempi, ad esempio, l’Irs a 20 anni viene calcolato a 0,9 per cento, mentre l’Irs a 10 anni vale lo 0,4 per cento. Per arrivare ai definitivi costi del mutuo, poi, bisogna aggiungere lo spread deciso dalla banca, che rappresenta il margine lordo dell’operazione di prestito per lo stesso istituto.

Gli aspetti da valutare. Insomma, da quanto scritto si comprende non solo perché gli italiani preferiscono i mutui a tasso fisso, ma anche come si costruisce il costo dei prestiti; un fattore che dipende dunque dallo spread imposto dalla banca, dalla durata (in genere, maggiore è il tempo della scadenza e della restituzione più alto il tasso finale) e dal cosiddetto “loan to value”, ovvero il rapporto tra richiesta di prestito e valore dell’immobile.

Non scartare il tasso variabile. Ma, accanto alla generale volatilità del settore creditizio, che potrebbe portare a novità che incidono sui tassi, ci sono anche altre valutazioni da fare che non sconsigliano del tutto la scelta del mutuo a tasso variabile, nonostante come detto oggi gli italiani stanno puntando in massa sul fisso. Eppure, anche l’altra grande soluzione viaggia su condizioni mai viste e probabilmente irripetibili, e secondo gli esperti una pur possibile impennata (secondo i future gli indici Euribor del tasso variabile, che oggi sono sottozero, dovrebbero tornare a “0” solo tra almeno tre anni) andrebbe comunque a ritmi molto lenti, che potrebbero incentivare a non lasciarsi andare il variabile.

Il fattore tempo. Prima di decidere tra mutui a tasso fisso o variabile, allora, bisogna prendere in considerazione tanti aspetti, e non lasciarsi condizionare da vantaggi che potrebbero essere soltanto “momentanei”. Non bisogna mai dimenticare, infatti, l’orizzonte temporale di riferimento, che deve essere uno dei fattori primari nelle valutazioni dei mutuatari, sia al momento di stipulare un nuovo contratto, sia quando si tratta di procedere a una surroga, spostando il mutuo presso una banca che offre condizioni migliori.