Gaucho

gaucho Gaucho di vincenzo calafiore 3 agosto 2016 Udine “ da maestro che sono di rimanere nell’oblio dei miei sogni, a volte, racconto quel che di me rimane. E non importa se o ma, importante è semmai lasciare tracce di se affinchè chi mi ama riesca a trovarmi e a rimanere con me senza domandarmi, senza chiedere di oggi. Ma se vuole potrà chiedermi di ieri, quando ancora dei sogni ne facevo perle, perle di saggezza! Un sogno ancora l’ho! Ed è la libertà che in questo merdaio ogni giorno difendo senza nulla concedere, nemmeno un millimetro della mia terra, del mio mare! “ ( vincenzo calafiore, da “ Settembre” ) Se si potesse in qualche modo ai sogni rubare le parole, e di queste farne tragitto, strade da percorrere magari quando ci si sente oppressi, spremuti come limoni da questo sistema inumano. Ma questo lo sanno anche i bambini che è impossibile, rimangono solo le immagini. E’ strano il sentire la necessità di aggrapparsi a un sogno per fantasticare, per fare bella o brutta la vita, per continuare a vivere, è come se da sogno che si è si torna ai sogni per tornare a una dimensione che inconsciamente si rifiuta. Con chi poi, condividere un sogno? Tutti indistintamente incanalati sulle stesse strade di tanti crocevia e deviazioni, costretti nella stessa direzione senza la possibilità di guardare l’intorno, e di ascoltare le migliaia, milioni di voci che si sommano in un totale di nulla. Così, a questa maniera io oppongo la mia volontà e desiderio di rimanere fuori dagli schemi, dai giochi, dalle pressioni ed è dura molto. Trovo riparo in quelle idee oniriche, che mi permettono di vivere come un gaucho sempre in viaggio su distese immense nel vento, solo col mio respiro, con i miei disagi, con le paure, con la mia piccola libertà di spedire al mittente la qualunque cosa non gradita, ma anche di mandare a “ quel paese ” chi con zampe da elefante si muove e invade ciò di più sacro rimane: la propria vita. Quanto mi piace quell’ Io ! Quanto è meraviglioso poter dire, io voglio, o io sono, io desidero o io voglio vivere! Chi fa teatro, chi come me è malato di grafia, mi capisce e non mi da del pazzo, o peggio ancora del cretino. Perché la recita permette il cambio di scena e di abito, così da essere sempre diverso, sempre più incosciente sempre più ladro di te stesso, scanzonato e mai ipocrita. Oggi mi sento un pirata e rubo sogni alla notte nascosta dietro i teli blu dello scenario di questo immane palcoscenico, vago forse con una sana follia in cerca libertà nuove su questi oceani color marrone. E’ il colore predominante, il colore che fa tutto e tutti uguali come una tinta d’occaso. Ma c’è un sogno che ritorna e ogni volta lascia di se traccia, che ogni giorno cerco di ritrovare e ogni giorno mi perdo; vorrei essere preso per mano da un bambino che fosse lui a guidarmi nel mondo, che fosse lui a insegnarmi ad amare e a fidarmi dello sconosciuto, dello straniero, del diverso. Che fosse un bambino il maestro che mi insegni a coniugare i verbi coi tempi giusti, all’uso delle parole invece delle armi! Invece sono prigioniero di una viscosità che mi permette quel giusto per muovermi e di quel minimo necessario per pensare, ed è avvilente ritrovarsi come un pollo rinchiuso dentro un recinto fino a che… A queste cose penso, a come si potrebbe vivere diversamente, penso al giorno che non troverò più parole utili a qualcuno che come cerca disperatamente un sogno, a come sarà solo; ma la verità è che noi “ cercatori di sogni” o i gaucos come meglio definirci, sempre in solitario, sempre in silenzio ad ascoltare il vento e cosa raccontano le vastità dell’anima!