Lutto nel mondo del cinema morto il regista Giuseppe Ferrara

Nato a Castelfiorentino il 15 luglio del 1932, Giuseppe Ferrara si distingue da “ragazzo scomodo” fin dal Liceo e subito dopo, alla testa di un cineclub orientato a sinistra, si attira le “attenzioni” della Polizia.

A Firenze si laurea con una tesi sul nuovo cinema italiano presentata da Roberto Longhi. A Roma frequenta i corsi di regia al Centro Sperimentale e nei soggiorni senesi si cimenta con i primi cortometraggi a sfondo documentario. Diplomato nel ’59 si getta a capofitto nella militanza documentaria e nel corso di un decennio girerà oltre 80 opere, spesso ispirate ai temi della disuguaglianza, dei drammi che lacerano il Sud e la Sicilia, dell’omertà mafiosa. Realizza monografie molto tempestive su Luchino Visconti e Francesco Rosi pubblicate tra il ’64 e il ’65. Cesare Zavattini lo induce a modificare la sua tecnica di racconto, a scoprire le riprese con la macchina in spalla, a farsi “testimone partecipe” anziché “spettatore imparziale”. Da questa nuova consapevolezza che diventa anche scelta politica nasce lo stile che lo porterà al grande salto nel lungometraggio. ll primo film del ’69 è “Il sasso in bocca” che sposa documenti d’archivio e finzione ricostruita per fotografare la realtà quotidiana della violenza mafiosa e a quei temi rimarrà a lungo legato fino al suo film più celebre e spettacolare, “100 giorni a Palermo” del 1985 con Lino Ventura nell’uniforme del generale Dalla Chiesa.

Arriverà all’apice della notorietà ma anche delle polemiche con il suo “Caso Moro” del 1986 in cui Gian Maria Volontè veste i panni dello statista democristiano. Basta scorrere i temi delle fiction e dei film successivi per capirne le ragioni: “Narcos” sui loschi legami internazionali della droga; “Giovanni Falcone” del 1993, “Segreto di stato” (1995) sul ruolo dei servizi segreti tra la strage di Ustica e quella di Bologna, “I banchieri di Dio” del 2002 con Omero Antonutti nei panni di Roberto Calvi, l’inchiesta tv “P2 story” su Ligio Gelli, fino a “Guido che sfido’ le Brigate Rosse” del 2007 sull’omicidio del sindacalista Guido Rossa.

Il suo ultimo lavoro, una miniserie poliziesca “Roma nuda” scritta da Tomas Milian e girata nel 2013 resta ad oggi inedita a causa di dissesti produttivi. Il giudizio critico su Giuseppe Ferrara è sempre stato ambivalente nel corso dei decenni.

Giuseppe Ferrara si è spento al Policlinico Umberto I di Roma . Il regista toscano, che portò sul grande schermo i misteri degli “Anni di piombo”, ha avuto un arresto cardiorespiratorio.