Vibo Valentia, l’indignazione verso il degrado morale e politico delle istituzioni democratiche e civiche

L’indignazione verso il degrado morale e politico delle istituzioni democratiche e civiche che hanno contrassegnato la storia di Vibo Valentia dai primi anni Sessanta. L’accusa di Gaetano Luciano sul declino della città alla città futura di Riace del sindaco Domenico Lucano. Il destino dei territori passa attraverso un progetto fondato sull’accoglienza e sul sentimento di umanità e di bellezza, in cui si coniuga l’anima etica a quella estetica. Il confronto si svolgerà al Liceo Classico “Morelli” (venerdì 20 maggio, dalle ore 11).

A partire dalle ore 11, al Liceo Classico “Morelli” nell’Aula magna, si svolgerà un incontro dal titolo “La città, tra indignAzione e progetto”. Ospite del dibattito il sindaco di Riace Domenico Lucano. A presentare la manifestazione il dirigente scolastico del “Morelli-Colao” Raffaele Suppa. Sono previsti degli interventi da parte di docenti e studenti. Il sindaco di Riace Lucano, di recente ha occupato le prime pagine della stampa internazionale per essere stato inserito dalla rivista “Furtune” tra le 50 personalità più importanti del mondo (unico rappresentante italiano), per aver creato un contesto urbano e antropologico di integrazione sociale e culturale che è diventato un modello per tutto il mondo nel campo dell’accoglienza, fondato, come Lucano ama ripetere, su una risposta “umana” ad una condizione di disperazione e drammatica come quella dei migranti costretti a lasciare la propria terra e i propri familiari. Questa sua “missione” comincia tra la fine del 2000 e l’inizio del terzo millennio, quando avvengono i primi sbarchi. Riace così, dopo essere stata città dei Bronzi, diventa una comunità dove è presente il mondo umano (oltre 500 migranti perfettamente integrati provenienti da diversi contesti etnici del pianeta) con un progetto di accoglienza e di integrazione scaturito da un sentimento profondamente cristiano in cui è possibile sentire la compassione e la “pietas”, che fa scuola e da modello esemplare per l’umanità del futuro.

Riace Primo maggio

Di fronte ad una fase di crisi acuta culturale, morale ed economica, che coinvolge il progetto sociale teso alla costruzione condivisa e solidale della comunità, con lo sguardo rivolto alle generazioni future, è necessario aprire una discussione sul destino di tante realtà urbane sparse sul territorio. La riflessione parte dal recente libro “La città degli accomodamenti” scritto da Gaetano Luciano (Presidente della Delegazione Vibonese di Italia Nostra e scrittore), in cui racconta il degrado che Vibo Valentia ha conosciuto dagli anni Sessanta in poi a causa della caduta della tensione morale e civile che ha coinvolto sia la classe dirigente che la società civile. La sua analisi storico-antropologica parte dalla osservazione diretta dei segni di decadenza che di anno in anno si manifestavano sotto i suoi occhi, divenendo un testimone oculare (un historeo secondo la definizione di Erodoto). Il declino Luciano lo fa risalire con l’abbattimento di “uno dei monumenti più belli e antichi della città e della Calabria”. L’autore de la Città degli accomodamenti scrive che nel 1963 si è trovato di fronte alla “prima cicatrice indelebile che subiva la nostra storia e la nostra vita”, sotto l’amministrazione di Antonino Murmura (l’ascesa “monocratica” per oltre quarant’anni, fino ai primi anni Novanta, dell’ex senatore scomparso nel 2014, sostituisce “la vecchia cultura aristocratica nell’arte dell’amministrazione politica”). Si tratta del primo di cinque “sfregi indimenticabili, cinque profonde cicatrici mai rimarginate che testimoniano della ordinaria follia amministrativa che ha vissuto la mia città” commenta amaro Luciano. Questa demolizione fisica di un monumento risalente ai Borbone e riconvertito a nobile Teatro da Giuseppe Napoleone e da Giocchino Murat, ha determinato quella che Luciano definisce la “politica degli accomodamenti”, vale a dire una caduta verticale dei valori collettivi per favorire e garantire gli interessi particolari, che si manifesta “in tutta la sua sfrontatezza con l’inaugurazione della sede della Democrazia Cristiana” nel nuovo edificio eretto al posto di un altro monumento storico demolito subito dopo il Teatro, il Caffè Minerva). Avviene “la morte degli intellettuali” che ha causato la “mutazione antropologica”. Come spiega lo stesso autore, la trasformazione antropologica della città “inizia con la rinuncia ad essere progettisti delle realtà sociali che appaiono all’orizzonte del nostro futuro”.

Con questo sua piccola opera ispirata da un sentimento di amore verso la sua città che ha accolto la sua famiglia, si è proposto di “aprire un dibattito sullo stato del nostro presente con la certezza di costruire un futuro migliore” e accusa la politica degli accomodamenti perché “la gente della mia città richiede delle regole certe per tutti”. Per uscire da questo degrado che attraversa ogni settore della comunità e che ha minato le fondamenta civili e culturali della “polis”, è indispensabile “ridare un’anima estetica alla vecchia città” in quanto “estetica ed etica sono gli elementi di base per la costruzione di un patto sociale basato sulla nuova identità culturale della città”; e ciò dipende “da tutti noi”. Partire dal passato per costruire il futuro, per usare un’espressione che sembra desueta, ma che custodisce una grane verità.

Riace Migranti