Lo Stato non tutela le vittime della criminalità: l’avvocato Giovanna Fronte spiega il perché

L’attuale normativa non tutela le vittime della criminalità: la denuncia dell’avvocato Giovanni Fronte contenuto in un documento ed esposto a conclusione del corso di “Alta formazione in analisi delle mafie e delle strategie di contrasto” organizzato dalla Fondazione dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro.

Nella mitologia greca la giustizia è rappresentata dalla dea Dike e dalla madre Themis. Nella nostra realtà terrena come la potremmo raffigurare? Con la bilancia in equilibrio o con il volto ridente e rassicurante perché gli uomini si piegano di fronte alla sua “gloriosa e vergine” potenza elevando preci e templi? O piegata su se stessa che si trafigge?

VIBO La Fronte espone il lavoro

E’ proprio quest’ultima immagine che restituisce simbolicamente il dramma vissuto dai tanti cittadini preda della criminalità organizzata che decidono di entrare nel programma di tutela per reati di estorsione e usura. Non a caso questa rappresentazione, che apre e chiude un corposo testo su “La tutela della vittima quale strumento di contrasto alle mafie”, è stata scelta dalle due curatrici del lavoro, Giovanna Fronte e Antonia Nicolini, in cui si racconta l’esperienza di chi è in primo piano nel tentativo di ridare la speranza a tutte quelle persone che hanno avuto il coraggio di ribellarsi all’oppressione, alle minacce, alla paura. Lo ha spiegato la Fronte, durante l’esposizione del documento a conclusione del corso di “Alta formazione in analisi delle mafie e delle strategie di contrasto” organizzato dalla Fondazione dell’Università “Magna Graecia”, durato due anni. La discussione si è svolta nella sede dell’Università a Catanzaro (facoltà di Giurisprudenza) nei giorni scorsi. Il documento potrebbe diventare oggetto di lavoro per modificare e/o migliorare la normativa vigente e rappresenta il frutto, oltre che di studio , di esperienze personali vissute sul campo. Ciò che emerge dall’analisi dei fatti  e delle norme vigenti, fa capire come l’azione normativa posta in essere dallo Stato risulta priva di una vera e propria strategia  politica preordinata alla lotta concreta contro il fenomeno mafioso, in particolare “quando prescinde dallo studio empirico del fenomeno, appare incapace al raggiungimento delle finalità prefissate”. A questo proposito, importante sottolineare inoltre che la stessa Fronte, la quale ha iniziato questa esperienza di tutela delle vittime di criminalità nel 2005 (costituendosi parte civile a fianco del testimone di Vibo Valentia Nello Ruello, vittima di usura ed estorsione, per un impegno di ordine morale, come ha ribadito la Fronte, perché nessun altro suo collega si era offerto, e che grazie alle denunce e alle testimonianze del suo assistito i vertici del clan Lo Bianco di Vibo sono stati condannati definitivamente). Nel giugno 2014 è stata ascoltata dal Quinto Comitato della Commissione Parlamentare d’Inchiesta Antimafia, a cui ha consegnato una relazione che è stata integralmente recepita ed approvata nel seno della relazione sui testimoni di giustizia approvata dalla Camera e dal Senato.

Fronte espone il lavoro  (2)

Su questa materia si è concentrata la discussione coordinata da Marisa Manzini, Sostituto Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Catanzaro, nella qualità di Direttore del Comitato scientifico del corso e docente, a cui ha partecipato il prof. Vittorio Mete (Ricercatore in Sociologia dei fenomeni politici presso l’Università Magna Graecia di Catanzaro), e l’ex parlamentare Angela Napoli, che ricopre il ruolo di consulente della Commissione parlamentare Antimafia (già vicepresidente della Commissione antimafia, nonché docente dello stesso corso).

Dopo la presentazione dell’elaborato da parte della Manzini e gli interventi introduttivi sia del prof. Mete che della Napoli, la Fronte, nella sua esposizione, ha focalizzato diverse criticità dell’attuale legislazione per la tutela delle vittime della criminalità. In particolare ha spiegato che “il nostro complesso normativo è di natura emergenziale e per ciò ha prodotto risultati frettolosi ed approssimativi, determinando insanabili contrasti , tutt’ora irrisolti, con il sistema normativo preesistente.” Questo ha reso “assolutamente inefficaci gli strumenti attuali per il contrasto alla criminalità organizzata”. Nella sua testimonianza, portando all’attenzione dei presenti la sua personale esperienza, la Fronte ha messo in rilievo come molto spesso le vittime si sentano sole, e questo li rende molto più fragili. E le strutture delle aule non aiuta, perché si mette la vittima a contatto diretto con i familiari degli imputati, con un pesante condizionamento psicologico. L’altro aspetto messo in luce dall’avvocato è quello culturale. Nella mentalità comune la vittima viene considerata responsabile dell’atto criminoso. E ha citato a tal proposito il commento in gergo di un ragazzino: “A idu ci piacia a scarpina lucida”; tradotto: è finito nelle mani dell’usura perché gli piaceva la bella vita. Dalla sua esperienza diretta ha constatato che non vi è la criminalizzazione dell’imputato ma della vittima. Le parti vengono rovesciate. Inoltre la Fronte ha rilevato, proprio per questa mentalità, una serie di carenze che rendono la vittima esposta e senza tutela da parte delle istituzioni. “Per fortuna – ha osservato – ci sono campagne di sensibilizzazione e di aiuto da parte di associazioni come Libera, che si è costituita parte civile in tanti processi per affiancare e accompagnare le vittime nei processi”. Per quanto riguarda l’altro aspetto della tutela, la costituzione di parte civile, è stato messo in luce un abuso, perché, ha fatto presente la Fronte, “in diversi casi è difficile spiegare i danni che ha subito il territorio”. Si tratta di una norma molto elastica, e questo ha ingenerato una prassi di facciata. Su questo punto anche il prof. Mete ha sottolineato come vi sia una proliferazione di costituzione di parte civile e si tratta molto spesso di una ricerca di visibilità politica, con il paradosso che le somme erogate vengono prese dal fondo destinato alle vittime. Infine, altro nodo critico, riguarda la normativa per il riconoscimento di vittima della criminalità, che è molto farraginosa. Anche la Manzini ha rilevato che l’attuale normativa non favorisce chi decide di denunciare; un nodo questo, come ha ribadito, che deve diventare momento di dibattito e di riflessione da parte della magistratura e delle istituzioni, alla luce anche, come ha rammentato, di quanto è accaduto ad un testimone che in un processo non è stato collaborativo e che poi è stato ucciso a distanza di pochi mesi. Si tratta quindi di un tema molto importante e delicato.

Dalla discussione e dal contenuto del documento emerge un quadro allarmante. La normativa non dà risposte efficaci e accade un fatto paradossale: se da una parte il Ministero spende risorse in pubblicità per spingere le persone ad avere il coraggio di denunciare, dall’altro lo Stato non accompagna le vittime nel percorso di effettiva tutela.

L’importante lavoro è diviso in due parti. La prima parte si occupa della “vittima della criminalità organizzata”, (curata dalla stessa Fronte); la seconda, che riguarda “La normativa di tutela e di sostegno in vigore”, è stata curata invece da Antonia Nicolini.

I partecipanti al corso erano avvocati, funzionari delle P.A., ispettori di Polizia e anche studenti universitari di Giurisprudenza e Sociologia. I lavori svolti in gruppi e anche in modo individuale hanno affrontato tematiche diverse: dalle interdittive antimafia ai testimoni di giustizia, dai beni confiscati all’analisi di grandi fenomeni mafiosi tipo “Mafia capitale”. Tra i presenti alla discussione anche i testimoni di giustizia Rocco Mangiardi e Matteo Luzza, il referente di Libera Vibo mons. Giuseppe Fiorillo, Sabrina Garofolo di Libera Cosenza, il presidente dell’associazione “la Goccia” Michele Napolitano e il dirigente scolastico Francesca Viscone.

Ricco di personalità di varia provenienza ed esperienza il comitato scientifico e i docenti. Oltre alla Manzini, alla Napoli e a Mete, hanno partecipato tra gli altri Alfredo Mantovano (con diversi incarichi governativi alle spalle), Il Procuratore generale di Bologna Emilio Le Donne, Maura Ranieri (Diritto del Lavoro), Alberto Siracusano (psichiatra), Don Giacomo Panizza (fondatore della Comunità Progetto Sud).