Vibo Valentia, al cineforum di Libera la visione di “Anime nere”

Prosegue l’importante esperienza del cineforum organizzato dagli studenti vibonesi di Libera, dopo l’ultima proiezione in programma, “Vi perdono ma inginocchiatevi” alla quale ha partecipato Simona dalla Chiesa. Domani la visione di “Anime nere”, film tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore reggino Gioacchino Criaco, che sarà ospite al Polo culturale di Santa Chiara.

VIBO Cineforum con Dalla Chiesa  (2) VIBO Cineforum con Dalla Chiesa  (1)

“Ho rivissuto non solo storie personali, ma luoghi, Palermo che ho tanto amato, quella chiesa dove si è svolto anche il funerale di mio padre, quella folla nella piazza … Mondello, il mare, la gioia della vita normale con tutte le sue difficoltà. E immediatamente dopo il dolore più profondo, più straziante che nel giro di pochi minuti arriva a stroncare qualunque progetto di vita. Poi il senso profondo dello Stato che si ritrova in ogni parola di Rocco Di Cillo, Antonio Montinari e Vito Schifani. Quel voler essere di Paolo Borsellino … L’emozione di conoscere le storie di queste persone e di aver incontrato sia la forte e volitiva Tina Montinaro che la sorella di Antonio”. Risuonano ancora con grande eco queste parole pronunciate da Simona dalla Chiesa (nell’appuntamento del cineforum dello scorso 23 gennaio) dopo la proiezione del film “Vi perdono ma inginocchiatevi”. Il film è stato tratto dal libro di Rosaria Schifani e Felice Cavallaro, per commemorare il terribile attentato del 23 maggio del 1992, dove oltre a Giovanni Falcone e alla moglie, hanno perso la vita gli uomini della scorta Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Di Cillo (con la regia di Claudio Bonivento). La figlia del generale Carlo Alberto dalla Chiesa (ucciso il 3 settembre del 1982) rispondendo alle sollecitazioni delle giovani studentesse di Libera Roberta Artesi e Arianna De Marco – che hanno presentato e coordinato l’incontro – e a quelle del numerosissimo pubblico presente, ha dato una testimonianza di grandissimo valore umano, etico, culturale e spirituale. Domani alle ore 17.00 verrà proiettato “Anime nere” il film tratto dall’omonimo romanzo di Gioacchino Criaco, nella sala conferenze del Polo culturale di Santa Chiara con la presenza dello stesso scrittore. Si tratta di un altro appuntamento da non perdere, di pellicole scomode contro le mafie, nel cineforum organizzato dai giovani di Libera in collaborazione con il Sistema bibliotecario Vibonese.

Questa importante esperienza che vede gli studenti protagonisti, con un impegno civile e una responsabilità etica, ha assunto un valore straordinario per la riflessione che è scaturita e i temi sociali e culturali che sono stati affrontati nei precedenti appuntamenti, grazie agli ospiti che si sono alternati e per il dibattito che hanno acceso. Una ventata di aria pulita e rigenerante che fa uscire il Vibonese da una sorta di narcosi o amnesia, che spinge la società civile a rassegnarsi all’impotenza di fronte al degrado culturale, causato dalla criminalità, dalla corruzione, dalla connivenza, dalla mancanza di lavoro e di risposte per i giovani che volessero costruire il loro destino e la loro dignità nei luoghi di origine. Alle cinque pellicole previste, la settimana scorsa si è aggiunto il film “Lea”(giovedì 11), che ricostruisce la tragica vicenda di Lea Garofalo, proiettato sempre al Polo culturale di Santa Chiara, con la presenza del regista Marco Tullio Giordana, il quale ha fatto sentire il peso specifico delle sua importante operazione artistica nel cinema di impegno civile. Sono quei momenti di tensione intellettuale in cui le emozioni, i sentimenti e la riflessione sulla realtà storico-sociale, si caricano di contenuti importanti che illuminano le coscienze e l’esistenza, come è riuscita a suscitarli Simona dalla Chiesa, che ha offerto una grande lezione di civiltà, di democrazia e di umanità, trasfusa in una dimensione politico-culturale, che segna una vita, una storia, una esperienza, e che si legge in profondità nella risposta che ha dato sul valore da dare alla parola “perdono”, leitmotiv del film. Con grande autorevolezza la giornalista ed ex parlamentare ha spiegato che il perdono attiene alla dimensione intima, privata, e non deve essere un alibi per la ricerca della giustizia da parte dello Stato.

“Il concetto di perdono, che dalle prime parole del film fino alla fine, fa da filo conduttore, era una parola enorme, straziante, nella bocca di Rosaria Schifani. Aveva 22 anni lei e poco di più lui e un bambino di 4 mesi da crescere”. Con il ricordo a quanto vissuto dalla sua famiglia dieci anni prima. “Anche quando è stato compiuto l’omicidio di mio padre, di Emanuela e di Domenico Russo, spesso ci si chiedeva del rapporto con il perdono. Io credo che il perdono sia una dimensione assolutamente intima e privata ed è di chi ha avuto la fortuna di crescere secondo certi valori e secondo certi insegnamenti cristiani: è qualcosa che anche sotto l’amarezza, la rabbia il disprezzo verso chi compie gesti di questo genere, è qualcosa che cresce comunque nell’anima, perché siamo stati educati così, a cercare di comprendere chi compie il male, a cercare di pensare che nell’essere umano ci sia uno spiraglio di vita anche dove sembra tutto essere morte morale. Però mi dava enormemente fastidio il fatto che si cercasse di chiedere a noi familiari il perdono come alibi per non cercare la giustizia. La giustizia è un dovere sociale – ha spiegato con grande passione civile Simona Dalla Chiesa – è qualcosa che va dato non soltanto a chi ha subito la violenza, non soltanto a chi paga con i suoi sentimenti più profondi quella violenza, ma va data alla società, perché noi viviamo in una società democratica basata su certe regole, e noi dobbiamo credere fermamente nelle regole, sennò vivremmo nell’anarchia più completa, altrimenti mancherebbe qualunque punto di riferimento nella nostra vita collettiva; e quindi non dobbiamo rinunciare per nessuna ragione alla ricerca della giustizia e a dare una risposta in termini di giustizia. Altro è quella che è una dimensione, ripeto, privata e umana, che è quella del perdono, che è altrettanto importante per il vivere sociale, perché aiuta a evitare sentimenti come il rancore più sterile, che riducono la vita alla ricerca di altro male.” E ha ribadito: “Io penso che il perdono significhi cercare di dare continuità alla vita di chi non c’è più. C’è chi dice che se tu perdoni è come se accettassi quello che è stato, e quasi non soffrissi abbastanza per quello che hai avuto; se sei capace di perdonare è come se quel dolore non ti ha completamente annullato, non è stato abbastanza forte. Quando queste persone fanno questa scelta, pensando al tipo di vita che hanno scelto, il tipo di impegno per il sociale, per gli altri, non lo fanno soltanto per i buoni, lo fanno per l’Italia, lo fanno per tutti. Allora io credo che dare un messaggio che non sia di odio, di vendetta o di rancore, significhi dare un segno di vita per tutta la società. Però ripeto: è ingiusto, cattivo, ai familiari e a chi ha subito chiedere: ma lei non perdona? Se perdono sono fatti miei, è un mio sentimento; tu Stato, pensa a darmi giustizia”. Questa riflessione su come deve essere vissuto e concepito il perdono, sotto il profilo cristiano e nella esclusiva sfera intima e privata, che non va confuso con la ricerca della giustizia, che Simona Della Chiesa ha fatto nelle battute iniziali dell’incontro, ci restituisce l’importanza che ha assunto la discussione, che si è protratta a lungo su diversi temi legati sia agli avvenimenti del film, ma anche sui buchi neri della storia del nostro Paese e sulla stessa vicenda dell’uccisione del generale Dalla Chiesa, con il ricordo ancora vivo, come ha testimoniato, del ruolo molto sospetto dei servizi segreti e di pezzi deviati dello Stato, così come è accaduto con l’uccisione di Borsellino. La riflessione, la tensione etico-esistenziale della donna che cerca un significato profondo alla tragedia sua personale su un piano spirituale con il desiderio di uscire dalla propria dimensione privata, sull’esempio del sacrificio compiuto dal genitore, come messaggio per i supremi valori che ogni società dovrebbe perseguire. La storia di un Italia che presenta molte pagine strappate o da scrivere. Questa pagina che Simona dalla Chiesa ha scritto il pomeriggio di sabato 23 gennaio 2016, insieme agli studenti di Vibo, al coordinamento provinciale di Libera, e ai tantissimi cittadini che hanno partecipato, come ha affermato lo stesso referente provinciale di Libera, mons. Giuseppe Fiorillo, intervenendo a conclusione del dibattito, è una di quelle che deve restare come testamento della volontà di lottare contro le forze ostili, oscure, che uccidono i sogni e la vita di tanti giovani e cittadini onesti, che deve essere scolpita nella fragile memoria di una società incapace di avere passioni e sentimenti che non siano merce da consumare o da usare per essere poi gettata, senza alcun progetto di vita umana collettiva. Nel corso della serata, inoltre, vanno sottolineati i puntuali e incisivi interventi del Comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri, colonnello Daniele Scardecchia.