Nuovo punto vendita-laboratorio di carni a Villa d’Agri

L’apertura di un nuovo punto vendita-laboratorio di carni a Villa d’Agri non è solo un tassello in più da aggiungere alla rete commerciale, sino agli anni settanta-ottanta “ossatura” dell’economia valligiana, che attraverso le carni di qualità contribuisce a dare valore alla filiera zootecnica lucana. A guidare il nuovo esercizio è un giovane (Nicola Tropiano, 26 anni) che eredita e tiene in vita l’attività del nonno (anche lui Nicola Tropiano) a testimonianza che la staffetta generazionale è il futuro delle piccole e medie imprese. La “storia” dei Tropiano – raccontata da Confcommercio Imprese Italia Potenza – assume dunque diversi significati. Innanzitutto, la continuità delle attività commerciali che da tempo in Val d’Agri (come nel resto della regione) risentono i morsi della crisi e in tante sono costrette a chiudere, persino dopo soli pochi anni di vita. Il nonno macellaio dal 1951 ha lavorato sempre carni di allevamenti locali selezionati con cura e persino di un allevamento proprio battezzato “Casolare Latoretta”. Il nipote, cresciuto in una famiglia di impresa, sotto la scuola del padre (imprenditore alberghiero), non a caso ha voluto battezzare la sua attività imprenditoriale “Latoretta” per dare subito il significato di un’attività che prosegue sia pure con qualche innovazione al passo con le nuove esigenze dei consumatori. Una scelta in linea con la valorizzazioni delle carni locali che attendono da anni il marchio d’origine protetta per una tutela in più del consumatore e come è già accaduto per l’agnello delle Dolomiti Lucane e la podolica una maggiore remunerazione agli allevatori. “Mentre il Governo continua a sfornare provvedimenti di ogni genere per favorire la staffetta generazionale soprattutto nella PA, con risultati assai deludenti, sono le piccole imprese, per lo più quelle familiari o individuali – commenta Fausto De Mare, presidente Confcommercio Potenza – a dare realmente la possibilità ai giovani di cimentarsi nell’impresa. E proprio perché il miraggio del posto fisso è svanito oggi per gli under 30 meglio essere imprenditori di se stessi. Da tempo sostengo la necessità di intervenire a supporto dei giovani per favorire l’occupazione giovanile e il fare impresa, consapevoli del fatto che un Paese che non investe sulle nuove generazioni è un Paese senza futuro”. Che lavorare “in proprio” sia una scelta, e non solo una necessità dettata dalle difficoltà occupazionali che il Paese sta vivendo, è confermato dagli alti tassi di soddisfazione che i giovani lavoratori autonomi hanno in relazione a differenti aspetti connessi alla qualità del lavoro. In particolare, si sentono più realizzati rispetto a chi lavora per altri (91% contro l’87,2% di chi ha un contratto a tempo indeterminato e il 75,9% di chi ha un’occupazione a tempo determinato) e 2 su 3 riescono a svolgere un lavoro coerente con il proprio percorso di studio (per chi è dipendente si scende a 1 su 2). Sono alcuni risultati del rapporto “L’impresa dei giovani. Attori, valori e sfide tra tradizione e cambiamento”. Il quadro che emerge dall’analisi sul rapporto tra giovani e lavoro, ci rimanda l’immagine di una generazione che, nonostante la crisi, nonostante la mancata crescita economica degli ultimi anni, nonostante lo scarso investimento fatto sui giovani in termini di politiche pubbliche, crede in una possibilità di riscatto e vede nel lavoro il mezzo attraverso cui garantirsi questo riscatto. “Essere imprenditori – è il pensiero di Nicola Tropiano, in uno dei giorni più importanti della sua vita – è una delle sfide più difficili da affrontare nel nostro Paese e per me è stato davvero appassionante apprezzare il coraggio e l’entusiasmo che contraddistingue i volti dei sempre più numerosi giovani capitani d’impresa associati alla Confcommercio. Essere imprenditori oggi vuol dire essere i moderni Robinson Crusoe, significa affrontare quotidianamente con passione e dedizione una missione “sociale”. Davanti alle difficoltà che s’incontrano ci vuole lo stesso coraggio, la stessa determinazione e fatica che Robinson metteva nei suoi viaggi per tenere a galla la barchetta”.