Le Lucciole di Alessandro Cutrì e la preoccupante questione ecologica

Le lucciole 2 (1)Nel romanzo di Alessandro Cutrì, presentato nei giorni scorsi, il viaggio iniziatico del protagonista, Virgilio e la visione utopica dei futuri iuvenes, assumono un messaggio etico-politico, facendo emergere la preoccupante questione ecologica e prospettando la catastrofe umanitaria. Ad interpretare i valori letterari e i contenuti culturali Caterina Ferro (docente) e Nicola Rombolà (giornalista e docente).

Ascesi dell’anima, utopia, ecologia, cultura, antropologia, filosofia, politica. Questi i principali temi che hanno caratterizzato la presentazione del romanzo “Le lucciole” scritto da Alessandro Cutrì, (docente di Scenografia all’Accademia d’arte di Firenze, alla sua prima esperienza letteraria), al Polo culturale di Santa Chiara, nei giorni scorsi. Il libro presenta aspetti letterari che richiamano diverse esperienze narrative.

A interpretare i valori letterari, i contenuti e il significato culturale del libro, con un dialogo interattivo, Caterina Ferro (docente) e Nicola Rombolà (giornalista e docente) che ha introdotto e coordinato l’incontro. Egli nell’illustrare le caratteristiche narrative, ha spiegato che il testo, per come è stato concepito e strutturato, si colloca nella grande tradizione della letteratura utopica, a partire dalla “Città ideale” di Platone, fino alla “Città del sole” di Tommaso Campanella, con un riferimento più velato al testo di Italo Calvino, “Le città invisibili”; mentre il titolo, ha rammentato, rimanda a Pasolini e al famoso articolo sulla scomparsa delle lucciole del primo febbraio del 1975. Molti dei temi caldi affrontati da Pasolini che si ritrovano negli Scritti Corsari e in Lettere Luterane, come la mutazione antropologica, l’omologazione culturale e il rimpianto per la civiltà contadina, sono presenti nel romanzo e ne declinano sia la struttura assente che la storia esplicita ed implicita. Ma dentro i contenuti e l’esperienza vissuta dal protagonista, ha osservato ancora nella sua introduzione Rombolà, si possono rintracciare dei cortocircuiti letterari. Il principale riferimento è al protagonista del romanzo di Joyce, “Finnegan’s wake. Finnengan vive la sua epopea in una notte, così come Virgilio, che rievoca una serie di vicende, storie, ricordi, memorie e visioni: “la vita in una notte, la notte come una vita” è il leit-motiv del romanzo. Il protagonista assume la funzione di aprire le porte del passato e del futuro in una concatenazione di eventi in cui il tempo si unifica e si dispiega psicologicamente (si coglie un richiamo alla concezione filosofica di Bergson). Inoltre Rombolà ha fornito altre chiavi di lettura per quanto riguarda la struttura formale: al racconto classico, si associa anche una digressione saggistica. Per questo si può parlare anche di romanzo-saggio, tipico della letteratura illuminista in cui si è diffuso il genere del romanzo di formazione, per la sua connotazione anche di carattere pedagogico-formativa.

Le lucciole 2 (2) (1)Sui contenuti e sulla figura del protagonista principale, Virgilio, si è soffermata Caterina Ferro. La docente ha sottolineato come il nome sia carico di processi evocativi, a partire dalla poema dantesco, la Commedia, dove il poeta augusteo, simbolo di sapienza e di elezione poetica, è stato scelto da Dante come guida nel suo grande viaggio nell’oltretomba. In primo luogo, ha sottolineato la Ferro, Virgilio compie un percorso iniziatico, per la particolare esperienza che vive, e perché è presente una rivelazione, come i personaggi appunto che compiono una iniziazione di carattere misterico-spirituale. In questo percorso Virgilio è alla ricerca di “un centro che possa rappresentare l’incontro tra sogno e utopia”, e in senso esistenziale, si tratta “di un viaggio non solo fisico, ma anche metafisico”. Nello stesso tempo, ha aggiunto la docente, “oltre ad essere un uomo è anche padre che pensa al destino dei figli” e in questa sua condizione, vive la presenza-assenza della moglie, il cui nome è un’altra spia di carattere letterario, perché evoca la Laura nel Canzoniere del Petrarca. Un altro riferimento emblematico sono le Georgiche di Virgilio, in quanto nel romanzo di Cutrì l’attività agricola è fondamentale nella visione prospettata. (ricordarsi di Esiodo)

La dissertazione della Ferro, dopo aver caratterizzato la figura e il ruolo del protagonista, si è allargata al messaggio etico-politico. Dalla visione predominante, quella utopica, come si evince dal ruolo dei “futuri iuvenes”, che compiono un mito di fondazione con una nuova polis ispirata ai valori filosofici e alla concezione estetica di bellezza e armonia desunti dalla classicità greca, si giunge anche a delineare la natura etico-politica nel progetto di comunità e società, in cui è forte il desiderio di lottare contro ogni forma di inquinamento, di corruzione e mettere al centro il bene della polis, ispirato agli ideali socratico-platonici. Per questo sono “portatori di sublime inquietudine”, ha ricordato la Ferro, definizione che è il titolo del penultimo capitolo, per comprendere il messaggio politico e spirituale presente nel romanzo (“una coscienza unanime come inquietudine sublime, per la missione da compiere nei propri luoghi natii”). Nella sua dotta esegesi, inoltre la docente ha fatto notare la forte impronta ecologica rappresentata da un sentimento sacro verso la natura e in particolare verso alcuni alberi, come la quercia, l’ulivo e l’agrume.

Nel suo intervento la Ferro ha focalizzato altri elementi caratterizzanti. Nel viaggio che compie Virgilio, rileva una contrapposizione tra “civitas contra corruptio” (titolo dell’ultimo capitolo). Sullo sfondo si avverte forte il contrasto con i cosiddetti “progrediti” (vivono in una città il cui toponimo è “Fetentia”, che ha una connotazione allegorica e satirica), che producono appunto “fetenzia”, barbarie, violenza, crimini. I futuri iuvines si sono assunti la missione di disinquinare tutti i territori circostanti, una missione civilizzatrice per diffondere semi di saggezza, bellezza e armonia per salvare la stessa umanità dall’autodistruzione. Ma di fronte ad una visionarietà apocalittica, interpretata dal panda – che profetizza la catastrofe demografica dell’umanità, e non è un caso, in quanto è simbolo del WWF ed è la specie a rischio estinzione – assurgono a prefigurazione simbolica positiva il nonno di Virgilio Giuliano e soprattutto un personaggio che è avvolto nel mistero, Bisas, a cui si ispirano i “futuri iuvenes”: la loro polis viene edificata secondo quella che è stata la sua visione, con al centro “l’agorà della luce”. Infine la presenza ieratica e salvifica di una apparizione femminile approfondisce il carattere misteriosofico del romanzo, in particolare l’adolescente rappresentata secondo una iconografia che richiama alcune divinità femminili del pantheon greco, che ha una funzione palingenetica. Altra presenza simbolica, una sua vecchia compagna di scuola che fa l’archeologa, nel capitolo finale del romanzo.

Si tratta di un intreccio tra elementi che hanno come ispirazione profonda il rapporto tra uomo, natura ed esperienza spirituale. L’attività agricola dei futuri iuvenes, oltre a fornire il cibo, fa germogliare una nuova cultura; è tradizionale, tipica della civiltà contadina mediterranea e ha un chiaro rapporto con l’archeologia: scavare nella terra per rintracciare le memorie e le vestigia delle antiche civiltà. In questa chiave simbolica si spiega il significato profondo del romanzo, ha ripreso Rombolà, richiamando il poemetto “Le opere e i giorni” scritto da Esiodo nell’VIII sec. a. C., che è importante rileggere per i valori etico-civili che esprime; infatti Esiodo esalta il valore del lavoro dei contadini, ammonendo ed esortando il fratello Perse a onorare Dike, la dea della giustizia e gli Dei, a comportarsi in modo onesto e laborioso, rispettando anche il vicino e i cari. In particolare il giornalista ha parlato “di emersione del sacro” come funzione fondamentale della cultura, citando un passaggio rivelatore del romanzo: “Gli sforzi degli umani, artisti e agricoltori, si erano fusi in una realtà che era divenuta un grande dono; il superiore divino e l’immensità del chiarore erano testimoni, dunque, dell’anello che univa il cielo e la terra, solidamente profondo nell’animo di ogni uomo” (pag. 77). Da queste parole emerge il sentimento della sacralità, che istituisce il valore etimologico ed epistemologico di chi pratica l’agri-coltura, di chi coltiva per nutrire il corpo e lo spirito, che deve sostanziare la cultura come cura del mondo e dono nel mondo: le sue radici affondano nell’umiltà e nell’anima della terra-creatura che crea; diversamente si compie l’empietà, la dissacrazione, la prepotenza e la smisuratezza (la hubrys o hybris), soprattutto alla luce dei disastri ecologici, umani e sociali che il modello produttivo del capitalismo in modo spietato ha generato, facendo assurgere come paradigma e idolo il profitto, il lucro, producendo continui crimini e mettendo a rischio la stessa sopravvivenza dell’uomo. E’ urgente ritornare “a donare cultura”, ha ribadito Rombolà, nel suo significato archeologico e maieutico, come i contadini che coltivano la terra, e non solo trasformando e vestendo il mondo e l’umanità usando strumenti materiali, intellettuali e tecnici, ma tutto questo deve essere finalizzato al rispetto dell’ambiente, della propria “casa”, per unire “il cielo e la terra”. Adesso l’umanità illuminata dalle lucciole, deve spogliarsi dei costumi “mores” logori, sporchi, inquinati, e ritornate ad essere nudo, autentico, primitivo, per riscoprire la vera humanitas: ritornare cioè ad essere contadino del corpo e dell’anima, dentro e fuori. Non a caso nel romanzo di Alessandro Cutrì – ha ancora approfondito la sua analisi Rombolà – le lucciole, “prossime scintille di verità per una esistenza leale e luminosa” gettano una luce di bellezza nell’oscurità di questa epoca che ha perso il lume della ragione e sta decretando la distruzione della proprio ambiente interiore ed esteriore. Anche le api, nel romanzo, con la loro pro-polis, si sono assunte il compito di eliminare i veleni provocati dai “progrediti” e togliere la spazzatura del mondo per salvare la terra.

Nel corso della presentazione diversi brani sono stati interpretati da Salvatore Barbaro e Angela Staglianò. Inoltre l’incontro è stato caratterizzato dagli interventi dell’ex preside Giuseppe Mazza, di Pino Scianò, giornalista, di mons. Giuseppe Fiorillo e di Enzo de Angelis, i quali hanno ringraziato per aver suscitato riflessioni su temi importanti in una realtà dominata dall’individualismo e dall’egoismo, che ha smarrito i valori collettivi e il bene comune; inoltre hanno elogiato l’interpretazione che è stata offerta dai relatori. La situazione più preoccupante, è stato sottolineato, è che sono state sradicate le radici più profonde dell’identità culturale e si è perso il senso del limite, distruggendo i valori etici e spirituali. In particolare mons. Fiorillo ha fatto riferimento al libro di Alexis Carrel, “L’uomo, questo sconosciuto”, da rileggere in un’epoca dominata dalla tecnologia; ma consapevoli che non si può tornare indietro, ha auspicato di dare “un’anima al nostro cammino”. Un intervento carico di passione etica, di forza emotiva, a margine dell’ultimo brano tratto dal libro, è stato quello di Salvatore Barbaro, soffermandosi con pathos sul valore della recitazione e del linguaggio teatrale, cercando di interessare e coinvolgere i giovani nell’arte per tramandare la bellezza umana e spirituale.

Inoltre vanno infine sottolineati gli interventi dell’autore de “Le lucciole”, il quale ha fatto presente l’ispirazione ecologica e ideale del romanzo, che deve essere letto con uno sguardo attento alla realtà contemporanea, che presenta una serie di questioni determinanti per il futuro, come il problema demografico. A questo proposito Cutrì ha fatto riferimento a degli articoli apparsi di recente sui giornali, citando anche le parole, nella forma di apologo, del panda; inoltre ha esposto i disegni della struttura della Polis dei futuri iuvines, realizzata dallo stesso autore, e dell’immagine della copertina del libro.