Sit in di protesta degli allevatori lucani a Potenza

La protesta si è svolta nel piazzale antistante il supermercato CRAI di Via Messina, sulla scia di una mobilitazione che ha portato nuovamente in luce in tutta Italia il problema annoso del prezzo del latte alla stalla.

Gli allevatori italiani – spiega una nota della Coldiretti Basilicata – hanno perso in un anno oltre 550 milioni di euro perché il latte viene pagato al di sotto dei costi di produzione, con una riduzione dei compensi di oltre il 20 per cento rispetto allo scorso anno su valori inferiori a quelli di venti anni fa mentre al consumo i prezzi non calano.

“Nel passaggio dalla stalla allo scaffale” ha affermato Saverio Gargano, allevatore di Genzano di Lucania “i prezzi moltiplicano fino a quattro volte per il latte fresco con i centesimi riconosciuti agli allevatori che si trasformano in euro pagati dai consumatori. È questa una situazione che sta diventando insostenibile per molte aziende, che rischiano nel breve periodo di chiudere la propria attività”. L’industria ha deciso unilateralmente di tagliare i compensi per il latte alla stalla di oltre il 20 per cento rispetto allo scorso anno, proponendo accordi capestro che fanno riferimento all’indice medio nazionale della Germania, con una manovra speculativa ingiustificata e quindi inaccettabile. Siamo di fronte, infatti, ad una palese violazione delle norme poiché il prezzo corrisposto agli allevatori è inferiore in media di almeno 5 centesimi rispetto ai costi di produzione, che variano dai 38 ai 41 centesimi al litro secondo l’analisi ufficiale effettuata dall’Ismea in attuazione della legge 91 del luglio 2015 che impone che il prezzo del latte alla stalla debba commisurarsi ai costi medi di produzione.

Il risultato è che nel 2015 hanno chiuso circa mille stalle, oltre il 60 per cento delle quali si trovava in montagna, con effetti irreversibili sull’occupazione, sull’economia, sull’ambiente e sulla qualità dei prodotti.

Per Nunzio Dimauro, allevatore di Matera “uno dei problemi più seri è la mancanza dell’obbligo di indicazione dell’origine in etichetta e la mancanza di trasparenza sugli ingredienti utilizzati per i prodotti trasformati. Si paga il latte agli allevatori pochi centesimi, meno di quanto costa produrlo. Chiediamo, sostenuti dalla nostra Organizzazione, ai consumatori di sostenerci nella nostra battaglia, e alle multinazionali ed alle aziende di trasformazione, di pagare il giusto prezzo agli allevatori, onde evitare la chiusura di tante aziende zootecniche e di rendere tutte le produzioni standardizzate e di scarsa qualità”.

E Palmino Ferramosca, allevatore di Tramutola e Presidente dell’Associazione Regionale Allevatori rincara: “Siamo di fronte ad una sperequazione, una speculazione di fronte alla quale non possiamo rassegnarci. Abbiamo la responsabilità di salvaguardare il futuro di centinaia di allevamenti che ogni giorno producono latte di qualità per i nostri figli, e per loro aiutano anche a salvaguardare le nostre belle campagne”.

“Non esistendo l’obbligo di indicare la provenienza in etichetta, le mamme italiane non sanno cosa danno da mangiare ai propri figli” continua Teodoro Palermo, Presidente Provinciale della Coldiretti di Potenza. “All’estero non esistono i controlli attenti e giusti che si fanno invece sul nostro latte, nelle nostre stalle, con l’impiego di tanti e preparati veterinari. La nostra mobilitazione nasce per difendere l’autentico latte italiano dall’aggressione delle multinazionali e per chiedere che ai nostri produttori sia riconosciuto un giusto prezzo per il grande lavoro svolto”.

Secondo il Presidente Regionale della Coldiretti di Basilicata Piergiorgio Quarto “in gioco c’è un patrimonio del Made in Italy alimentare che ha garantito all’Italia e alla nostra Regione primati a livello internazionale ma anche un ambiente ed un territorio unico che senza l’allevamento rischia l’abbandono ed il degrado. Ed inoltre, una caratteristica distintiva e straordinaria della produzione lattiero-casearia italiana è la sicurezza alimentare e la qualità che esprime le nostre stalle, che sono le più controllate al mondo e offrono un latte dalle elevate caratteristiche nutrizionali. La presenza e il sostegno manifestato dall’Assessore all’Agricoltura Luca Braia testimonia l’interesse e l’importanza dell’argomento per l’intero settore agroalimentare”.

Il settore lattiero caseario, secondo l’analisi della Coldiretti, rappresenta la voce più importante dell’agroalimentare italiano, con 35 mila imprese di allevamento, oltre la metà delle quali (55 per cento) si trova in zone montane o svantaggiate, per una produzione complessiva di latte bovino che ammonta a 11 milioni di tonnellate a fronte di 20 milioni di tonnellate consumate. In altre parole l’Italia è diventata dipendente dall’estero per quasi la metà del proprio fabbisogno in prodotti lattiero caseari.

E in Basilicata? Gli allevamenti di bovini da latte sono circa 700 ed il patrimonio bovino si attesta a circa 25.000 capi, con una media capi per azienda di circa 30 capi (triplicata nell’ultimo decennio). Le aree maggiormente vocate sono quelle dell’Alto Bradano (Genzano di Lucania e Lavello), Val D’Agri (Tramutola, Grumento Nova), del Marmo – Melandro (Bella, Baragiano, Brienza) e della Collina Materana con alcune grandi aziende anche nell’area della costa Jonica.

La produzione totale di latte in Basilicata è pari a circa 1,3 milioni di q.li per un valore della produzione lorda di circa 50 milioni di euro.

La maggior parte del latte è destinato alla trasformazione lattiero casearia (circa 60 opifici) e circa il 30% alla produzione di latte alimentare conferito ad aziende di livello nazionale e regionale. Per quanto riguarda il prezzo praticato alla stalla si calcola una media di circa 0,38 euro, con un minimo di 0,33 ad un massimo di 0,40 oltre IVA; il prezzo basso è praticato soprattutto ai piccoli allevatori delle aree interne.