San Calogero, la giovane vita di Michela Brosio divorata in poco tempo dalla ferocia di un tumore

Michela BrosioDi fronte a questa drammatica vicenda emerge l’amore che sanno provare i giovani come dono assoluto nei momenti più tragici della loro esistenza. Una storia che richiama quella vissuta di amore e morte da Domenico Prestia e Sabrina Monteleone, il 12 marzo del 2013 all’ospedale di Reggio Calabria. Le esequie si svolgeranno oggi nella Chiesa dell’Immacolata di San Calogero alle ore 15.30.

Perché la sua giovane vita adesso si libra come un petalo? In un giorno di agosto, nel fulgore della luce estiva Michela, con nelle mani il fiore della sua giovane esistenza, è partita per Roma. Ma il filo della luce negli occhi “ridenti e fuggitivi”, come novella Silvia, ai primi gemiti dell’alba di due giorni fa, al Policlinico dell’Università di Tor Vergata, è stato reciso per sempre.

I versi della canzone più famosa del poeta Giacomo Leopardi, trafiggono ogni pensiero, ogni sentimento, ogni ricordo: “Tu pria che l’erbe inaridisse il verno, da chiuso morbo, combattuta e vinta, perivi o tenerella. E non vedevi il fior degli anni tuoi… “. Il “chiuso morbo” non ha perdonato. È stato spietato divorando anche l’ultima flebile speranza. Dopo una straziante lotta, la sua luce del suo sorriso resterà indelebile nello sguardo di chi l’ha vista splendere per l’ultima volta.

Un vero calvario per lei e per i suoi genitori, Salvatore Brosio e Teresa De Vita, per le sue sorelle Valentina, Gabriella e Monica e per i tanti parenti che hanno vissuto con angoscia e pathos ogni momento che ha scandito gli interminabili attimi segnando il suo tragico epilogo. Un sentimento corale che è dilagato negli sguardi smarriti della numerosa famiglia divisa tra la Calabria e Roma, tra i comuni di San Calogero, di Rombiolo e di Vibo Valentia.

Ma la sognante beltà di Michela si è spenta anche negli occhi del fidanzato Domenico Grillo, che in tutti questi giorni è stato accanto a lei con quell’amore che sa toccare le corde delle creature a cui il fato ha assegnato un destino tragico. Michela e Domenico, così come nei primi risvegli primaverili del 2013, Domenico Prestia e Sabrina Monteleone, anche loro di San Calogero come Michela. Domenico si è spento nel giorno del suo compleanno all’ospedale di Reggio Calabria dopo che Sabrina aveva sigillato il loro amore donandogli l’anello nuziale in quel fatale 12 marzo.

Destini che si incrociano in un disegno oscuro e raccontano l’amore e la morte, il classico Eros e Thanatos, archetipo che accompagna ancora potente l’umanità catapultata o eclissata nell’era della tecnologia digitale. Nell’epilogo di queste giovani esistenze, si staglia il sentimento di amore come dono, testamento aureo che lasciano ad una società sempre più inquinata e avvelenata dai metalli più vili: dall’odio, dall’egoismo, dalla violenza, dal consumismo, dall’indifferenza che paralizzano la bellezza dello Spirito e la sensibilità umana. Michela e Domenico, come hanno fatto prima Domenico e Sabrina, scrivono nelle pagine della vera Storia un messaggio di amore assoluto e profondo, che i “potenti”, quelli che hanno nelle mani il potere della materia, non sanno più provare, e scelgono il profitto, l’avidità della bruta materia, il terribile dominio della morte, per affermare se stessi e costringono molte vite innocenti a perire. Ma la vicenda di Michela e della sua famiglia ripropone anche il drammatico fenomeno dell’emigrazione nei tanti viaggi della disperazione, a cui molti calabresi ormai sono destinati e condannati. È la fotografia spietata di una terra, la Calabria, che non riesce a dare risposte ai bisogni fondamentali, togliendo il sacrosanto diritto, per tutti i cittadini, di potersi curare nella terra dove sono nati e risiedono. E’ questo uno scandalo che non può essere tollerato per un Paese che spende miliardi per comprare armi e ne sperpera altrettanti per opere che servono solo ad arricchire i poteri criminali.