I beni lucani sono il capitale della Regione

Acqua, petrolio e foreste sono le risorse su cui puntare per il lavoro e lo sviluppo, costruendo un modello futuro-duraturo della Basilicata. A spiegarlo è stato Giuseppe De Rita, padre storico del Censis, nell’iniziativa voluta a Potenza congiuntamente dalla Uil Basilicata, Centro Studi Sociali e del Lavoro e dal Censis. L’analisi, alla base delle proposte presentate, muove dal paradosso lucano: poco reddito, pochi consumi, pochi investimenti. Una sorta di ‘maledizione delle risorse’ che gli studiosi hanno descritto nei contesti a dominanza petrolifera, e che in Basilicata si espande e ricomprende le notevoli risorse naturali dell’acqua, del verde, del clima, persino di eventi culturali come Matera 2019. Proprio i beni comuni – hanno sostenuto i ricercatori Giancarlo Vanieri e Annalisa Percoco nell’incontro presente anche Michele Somma, presidente Camera di Commercio – sono invece l’orizzonte strategico entro cui collocare la ridefinizione di un nuovo modello di sviluppo ed entro tale orizzonte la sussidiarietà ha un ruolo essenziale. I ‘beni comuni’, lo evidenzia Papa Francesco devono essere amministrati con ‘socialita’.’ E per i ricercatori del Centro Studi gestione pubblica, gestione privata senza fini di lucro e autogestione possono, a diversi livelli, valorizzare i beni comuni in un quadro certo di diritti, di tutele, di responsabilità e di accountability democratica. E’ prioritario – hanno aggiunto – nell’attuazione alla nostra scala regionale della ‘Strategia per le aree interne’, agire prima rimuovendo le trappole del mancato sviluppo (togliendo, cioè, le cause ostative del permanere dei giovani, della nascita di nuovi nuclei familiari, dell’attivarsi di nuove realtà produttive ecc.). Solo successivamente prevedere azioni di supporto e potenziamento della rete di servizi in queste aree. E’ decisivo mettere in moto le forze dell’agglomerazione, un mercato del lavoro ‘denso’, una buona offerta di manodopera preparata aggiornata presenza di fornitori per servizi specializzati e poi diffusività del sapere. Occorrono perciò relazioni virtuose intorno ai ‘beni comuni’ lucani. Relazioni tra grandi realtà bancarie, incluse la redditività a medio tempo dei valori indotti dalle energie naturali autoctone, centri di competenza tecnologica, e talenti ed intelligenza locale. Ma anche competenze importate e ben pagate. Il segretario della Uil lucana Carmine Vaccaro in questa occasione ha lanciato un’idea fortemente innovativa: un fondo sovrano, istituito attraverso le royalties del petrolio, sul modello norvegese, che attivi l’emissione di bond sul mercato, per moltiplicare imprenditoria e posti di lavoro. E cita un altro modello quello del “permanent fund dividend” dell’Alaska che versa un dividendo ogni anno a tutti i residenti finanziato con risorse provenienti sempre dall’estrazione del petrolio. Per ogni euro depositato nel fondo si possono creare 1,7 euro di redditi da investimenti finanziari. In sintesi quello che manca è il rapporto tra petrolio e lo sviluppo da creare intorno al petrolio. Altro che reddito minimo garantito e misure di sola assistenza e sopravvivenza. Questo modello – ha detto Vaccaro – può essere lo scheletro di un nuovo sviluppo locale in Basilicata . I sindacati usano una parola d’ordine, molto pregnante per fare questa ‘grande spinta’: “Riformare la Basilicata”, rimettere in moto tutt’ insieme un complesso organico di provvedimenti cornice che tengano insieme politiche di sviluppo e cambiamento istituzionale. Ma è debole la tensione verso il cambiamento che non è improvvisazione ma continuità, faticosa continuità, costruzione di una lunga e solida catena di relazioni intorno alla propria identità. Ecco perché per la Uil – con la piena condivisione e il pieno sostegno di De Rita – ricominciare dai ‘beni comuni’: perché la presa di coscienza della loro essenzialità per il nuovo sviluppo regionale è la premessa su cui costruire una alleanza sociale con la cittadinanza non rappresentata ed arrabbiata.