Cgil Crotone: la sanità crotonese conta enormi ritardi nei confronti di 180.000 cittadini

ospedale san giovanni di dioLe continue notizie che si ascoltano a proposito della sanità nazionale sembrano un bollettino di guerra: disservizi che spesso sono causa di morte, ultimo in ordine di tempo ciò che è successo a Napoli dove un anziano muore su una barella dopo essere stato operato al femore (notizia apparsa su “La Repubblica del 25 febbraio 2015). La sanità calabrese, e quindi quella crotonese, di problemi ne contano tanti e si aspetta la nomina del nuovo commissario per sapere se un piano sanitario regionale sarà messo in essere per migliorare il servizio. A tal proposito la Cgil crotonese ha inteso informare le Istituzioni di ciò che rappresenta la sanità crotonese allo stato attuale. “Intanto che aspettiamo di vedere la luce in fondo al tunnel, ovvero che finalmente chi deve si decida a dotare questa Regione di un Commissario alla Sanità ( uno purché sia), sarà utile ricordare che, qui a Crotone, quando si parla di Sanità ci si riferisce alla più grossa Azienda della Provincia. 300 milioni di bilancio, circa 1.800 dipendenti, appalti per molti milioni, decine di accreditamenti tra centri specialistici, case di cura (qualcuna anche di eccellenza) e centri di riabilitazione. Sono numeri importanti per una piccola Provincia. E poi ci sono 180.000 cittadini che, loro malgrado, sono costretti ad impattare quotidianamente con questo mondo. Spesso fatto di ritardi, emergenze, liste di attesa, cattivi umori di medici e personale di reparto o di sportello. E’ enorme il numero di persone che ogni giornosi sposta, fa file interminabili, e molte altre volte vaga alla ricerca di chi la può aiutare a risolvere problemi delicati come quello della salute. L’obiettivo sarebbe quello di tenere sempre al centro l’ammalato. Ma in una situazione in cui nulla è diventato più incerto del diritto alla salute, assistiamo ad un lento, inesorabile e, temiamo anche preordinato, triste declino della nostra Sanità. I segnali sono evidenti: abolizione delle province, rideterminazione di ambiti territoriali ancora tutti da definire, accentramento di potere nelle mani di una ristretta cerchia di personaggi che decidono secondo chiari ma anche occulti interessi di bottega. In nome di un ritorno ad una più oculata gestione delle risorse, si vanno ridefinendo spazi di investimenti-come la realizzazione di 4 nuovi ospedali-che, guarda caso, penalizzano la nostra area ed intervengono su zone già ampiamente servite. Come a dire che piove sempre sul bagnato. A rimetterci è sempre e soprattutto il povero ammalato costretto a lunghi viaggi che, anche in considerazione del pessimo stato delle nostre strade, spingono sempre più verso una mobilità extra regionale. Per assurdo, ad un cittadino di Crotone conviene di più farsi un viaggio in aereo fino ai grossi centri del Nord Italia piuttosto che affrontare la 106 o la Salerno –Reggio. Da tempo non c’è più una seria programmazione. Ricordiamolo: siamo in Piano di Rientro da diversi anni ed ancora non ne riusciamo ad uscire. Manca la parte relativa alla definizione della rete ospedaliera, di quella territoriale e della prevenzione. Senza uno che si occupi di queste cose alla Regione, chissà quando vedremo la fine dell’odissea. Intanto però si continua a tagliare. Vengono meno i posti letto negli ospedali, spariscono i servizi sul territorio, il personale non viene più sostituito. Tutto il sistema è destinato a collassare. Lo sciopero dei medici e degli infermieri dell’Annunziata di Cosenza non è che l’esplosione di un fenomeno che riguarderà tutta la sanità calabrese. In questo quadro desolante ci si aspetterebbe dall’autorità centrale un minimo di attenzione, una considerazione dell’urgenza che meriterebbe il problema. Invece tutto si trasforma in un reciproco scambio di accuse e di veti incrociati. Alla faccia di chi rischia di morire di malasanità. Si gioca con la vita e la morte delle persone e qualcuno non sembra rendersene conto. Se, e quando, e con chi potremo ridiscutere di Sanità, vorremmo cominciare a parlare di quell’ammalato, di quei viaggi, di quel diritto alla Salute disposto dalla nostra Carta. Vorremmo parlare di come sarebbe utile spostare il baricentro dall’ospedale al territorio. Di come si può risparmiare anche razionalizzando le risorse piuttosto che tagliando a destra e a manca. Di quanto sarebbe utile e poco dispendioso fornire le postazioni, che già esistono su tutto il territorio, di pochi strumenti (un defibrillatore, un ecografo, e poco altro) in grado di salvare una vita e sicuramente di renderla meno complicata alle persone ammalate e deboli. Vorremmo parlare della nostra proposta di sanità con quei sindaci che conoscono le loro realtà locali e sanno quanto è difficile per gli anziani raggiungere un ospedale che dista 50 Km di curve e buche e dissesti idrogeologici che hanno ridotto in ginocchio l’intera economia della provincia. Ma non si può parlare con gli assenti né con i sordi. Con chi è incapace di cogliere i segnali del fuoco delle possibile rivolta popolare che cova sotto la cenere di una rassegnazione solo apparente. Magari questo potrebbe ridare la vista ai ciechi e l’udito ai sordi. E così avremmo realizzato il nostro primo miracolo sanitario”.