In affanno settore cerealicolo lucano

I dati Ismea sulla cerealicoltura italiana, sia pure datati di un paio di anni, ribadiscono la rilevanza che ha il grano duro in Basilicata dove con oltre 116 mila ettari seminati la superficie coltivata è inferiore solo alla provincia di Foggia (166 mila ettari) sfiorando il 10% dell’intera superficie italiana. Lo evidenzia la Cia-Confederazione Italiana Agricoltori della Basilicata riferendo che in dettaglio in provincia di Potenza la superficie di grano duro ammonta a 60,5 mila ha (quota 4,7% di quella nazionale) e nel Materano a 56, 1mila ha (quota 4,4%). L’Ismea – si legge nella nota della Cia – conferma nel lungo periodo che il grano duro sconta però una riduzione dell’8% in termini di ettari e del 5% di produzione, variazioni rilevate confrontando i livelli attuali con la media del decennio 2004-2013. La situazione che emerge dai dati territoriali mostra inoltre un quadro fortemente differenziato, spiega ancora l’Ismea. In Puglia, dove le semine sono leggermente aumentate, è andata male per i raccolti (-11% rispetto al 2013), a causa di una brusca contrazione delle rese. Stessa situazione in Basilicata, mentre sia in Sicilia che nelle Marche, dove gli investimenti si sono invece ridotti, la produzione dovrebbe aumentare rispettivamente del 9% e del 5%.

Leonardo Moscaritolo, dirigente della Cia di Melfi e neo responsabile nazionale del Gie (Gruppo di interesse economico) cereali-seminativi sottolinea che nonostante gli aumenti (determinati, peraltro, da fattori contingenti) i prezzi pagati ai nostri agricoltori non compensano affatto gli alti costi produttivi, contributivi e burocratici. Costi che hanno subito un’ulteriore impennata sia a causa dei rincari petroliferi, della fiscalizzazione degli oneri sociali. E la decisione di non seminare assunta non certo a cuor leggero da numerosi cerealicoltori meridionali è dipesa proprio dal fattore costi, soprattutto visto che oggi i prezzi di mercato, caratterizzati da una crescente volatilità, non riescono a compensare gli oneri da fronteggiare. Tanto più nell’ambito dei cereali, dove -nonostante gli aumenti di listino- il prezzo di grano duro e grano tenero pagato agli agricoltori italiani resta tutt’ora tra i più bassi del mondo.Un settore, quindi, in grave affanno che ha necessità di nuove politiche che diano reali sostegni alle imprese agricole che non possono continuare ad operare nell’incertezza più profonda e in un sistema competitivo che sta fiaccando sempre più i produttori italiani.

Da qui l’esigenza di rendere più saldi e producenti i rapporti di filiera e di lavorare in maniera seria per cercare di raggiungere efficaci accordi interprofessionali che permettano di tutelare e valorizzare il “made in Italy”. La Cia, inoltre, rivendica l’adozione del Piano cerealicolo regionale in sinergia con il Piano nazionale, una nuova disciplina regionale che favorisca l’aggregazione delle produzioni, un programma di insediamento agro-industriale, un progetto per il potenziamento della ricerca e dell’innovazione e di sostegno all’introduzione di varietà, la definizione del marchio a tutela del pane e della pasta “made in Basilicata”.