Trovato scheletro a Castrolibero sarebbero i resti del boss Luca Bruni

A fare la macabra scoperta sono stati i Carabinieri del Reparto operativo di Cosenza. I resti sono stati trovati sotto un metro di terra in un campo. Apparterrebbero all’uomo indicato come boss della ‘ndrangheta, scomparso il 3 gennaio del 2012 e più ritrovato.

Per il delitto e la sparizione di Luca Bruni, nelle scorse settimane, erano stati sottoposti a fermo Maurizio Rango, 38 anni, e Adolfo Foggetti (29), ritenuti dagli investigatori il reggente e l’esponente di vertice della cosca della ‘ndrangheta dei “Rango-Zingari” che opera in provincia di Cosenza e colpita alcuni giorni fa da un’operazione che ha portato all’arresto degli stessi Rango e Foggetti, nei confronti dei quali, invece, non era stato convalidato il fermo. Per il delitto è ricercato Daniele Lamanna, 40 anni, irreperibile da tempo, mentre è indagato Franco Bruzzese, 47 anni, già detenuto per altri reati. Adolfo Foggetti, tra l’altro, dopo l’arresto, secondo quanto si è appreso, ha iniziato a collaborare con gli inquirenti ed è già stato sentito dai pm della Dda di Catanzaro Pierpaolo Bruni e Vincenzo Luberto e dai Carabinieri. Non è escluso che l’indicazione per fare ritrovare i resti di Bruni siano venute proprio da Foggetti.

Luca Bruni era stato scarcerato poco prima di sparire e, secondo quanto emerso dalle indagini, aveva assunto un ruolo verticistico del proprio gruppo criminale dopo la morte di suo fratello Michele, che stava tentando di organizzarsi per ampliare il raggio d’azione degli interessi illeciti della propria cosca. La decisione di espandersi era in contrasto con gli accordi già stabiliti da un “patto” tra la cosca degli “italiani”, capeggiata da Ettore Lanzino, con quella degli “zingari”, con a capo Franco Bruzzese. Bruni avrebbe nutrito un forte risentimento nei confronti della cosca di Lanzino perché ritenuta responsabile della morte di suo padre Francesco, conosciuto come “bella bella”. Bruni, fidandosi dei fermati, avrebbe deciso di partecipare ad un incontro al quale pensava di trovare i vertici delle cosche cosentine, Ettore Lanzino e Franco Presta, che all’epoca erano latitanti. In realtà l’incontro era un tranello per ucciderlo.