Milano, Civiche benemerenze 2014. Il discorso del Sindaco Pisapia

Il tradizionale appuntamento di Sant’Ambrogio si è tenuto al Teatro dal Verme. Sono state 62 le onorificenze conferite a persone e associazioni.

Ambrogini

Care Milanesi, Cari Milanesi, Cari Amici Buon Sant’Ambrogio. Vorrei cominciare questo nostro incontro dicendo grazie a tutti voi per essere qui; grazie ai premiati per avere meritato l’attenzione della città e ancor più per l’iniezione di fiducia e di ottimismo che avete dato, e sono sicuro, darete a tutti con il vostro esempio.

Dovrei cominciare dicendo che sono tempi difficili, ne siamo tutti consapevoli. Basta leggere i giornali; basta guardare quello che succede fuori di qui. Basta parlare con chi ci sta vicino e con chi ci guarda da lontano, ascoltare chi cerca un lavoro, chi non ha una casa, i genitori che speravano di dare ai figli più di quanto avessero avuto loro. 

Ma questo è un giorno di festa e allora vorrei guardare, insieme a voi, le cose buone, le cose belle, le cose positive che nonostante le difficoltà la nostra città, la nostra Milano, è riuscita a costruire.

E vorrei provare a mettere un paio di occhiali diversi e guardare la realtà con un altro sguardo. Non abbiamo fatto i miracoli, lo so: del resto c’è chi crede e chi non crede ai miracoli… Ma devo dire con forza che è con orgoglio che guido l’Amministrazione di questa città. Una città che è stata la città di Tangentopoli, ma che non lo è più, lo è stata in un passato remoto. Io sono fiero di impegnarmi per Milano con donne e uomini che hanno rinunciato alle loro professioni, ai loro legittimi interessi, anche al loro tempo libero, per cercare di fare del loro meglio. A volte anche sbagliando. Gli umani possono sbagliare. Tutti possiamo sbagliare. Ma l’importante è che ci sia sempre passione e un profondo amore per Milano. 

E c’è un’altra cosa che vorrei dire. Milano un’anima ce l’ha, non deve ritrovarla. Forse deve solo farla conoscere meglio e anche esibirla.

Oggi c’è la Prima della Scala. Da quando sono Sindaco abbiamo fatto una scelta ben precisa. Ci sono, lo sappiamo, le proteste ma la Prima la vedranno non solo pochi, bensì oltre 10 milioni di persone in tutto il mondo. E, per me ancora più importante, la potranno vedere gratuitamente anche giovani e meno giovani; donne e uomini; ragazze e ragazzi; bambine e bambini, in tutte le zone della nostra città: da questo Teatro al Museo dei Bambini; dal Teatro Ringhiera al teatro della Cooperativa; dalla Casa delle Associazioni alla Ex Fornace; dalla rotonda di San Vittore e alla Casa di reclusione di Bollate.

Milano ha un’anima. Milano ha tante anime. Quella, ad esempio, che ci ha permesso – senza aiuti, senza mezzi – di accogliere e assistere decine di migliaia di profughi provenienti dalla disperazione, da luoghi diversi dove la guerra vince sulla pace; dove la violenza sopraffà la giustizia; dove la povertà e la fame portano alla morte. Oltre 38.000 Siriani arrivati alla Stazione Centrale in attesa di un treno per paesi del Nord Europa, hanno lì trovato un pasto, un letto, un medico. Venivano da noi madri, donne incinte, uomini senza nulla, minori a cui era stato tolto anche il sorriso: la nostra anima, la generosità dei milanesi, delle associazioni, del volontariato – laico e cattolico – non li ha abbandonati.

Abbiamo garantito, durante il grande freddo,  più di 2000 posti letto ai senza tetto. I milanesi ci hanno aiutato a trovarli e a convincerli a raggiungere i luoghi di accoglienza per evitare di farli dormire nei giardini avvolti in scatole di cartone, con il rischio di perdere la vita.

Milano è una città aperta. Aperta a chi viene da lontano. Aperta a chi professa un’altra religione. Aperta a chi ha un’idea diversa di famiglia. Aperta a chi, qui, vuole provare onestamente a fare la sua strada.     

Questa è l’anima – o una delle anime – della nostra meravigliosa città. Non ci si accorge mai di quello che di bello ci sta vicino. Mi piacerebbe che almeno oggi provassimo tutti a inforcare l’altro paio di occhiali.

Mi piacerebbe che almeno qualche volta fossimo fieri di quello che abbiamo fatto, senza mai – mai – dimenticare quello che dobbiamo fare.

Quest’anno abbiamo avuto tante, troppe, esondazioni del Seveso. Ebbene, due giorni fa, abbiamo deciso di stanziare una somma significativa – soprattutto di questi tempi – per risarcire i cittadini che hanno subito i danni dalla piena del Seveso. E, soprattutto, dopo tanti anni e dopo che il clima – il clima, non un’amministrazione, non un sindaco – è cambiato e ha costretto Milano a fare i conti con tempeste cui non eravamo abituati, è finalmente partito il piano per risolvere definitivamente un problema che era diventato gravissimo.

Non voglio e non posso dimenticare le case popolari. La casa dei milanesi è Palazzo Marino, in piazza della Scala. Ma conosco benissimo quelle che non vorrei più chiamare le periferie. L’altra sera sono stato a Crescenzago, al compleanno della Casa della Carità; qualche sera prima ero a Baggio, a parlare del futuro insieme a sessanta ragazzi. A Quarto Oggiaro, anche durante l’esondazione, abbiamo parlato di giustizia e legalità e, soprattutto nelle zone più esterne delle future municipalità, abbiamo aperto spazi di lavoro per i giovani e le loro iniziative – adesso si chiamano start up – che stanno cambiando le condizioni di vita del quartiere.

So che quello dell’abitare è un problema grave. E che anche una sola famiglia senza casa è per tutti noi un dramma. Ma a Milano ci sono più di 75 mila appartamenti popolari regolarmente affittati alle famiglie, alle persone. E gli alloggi sui quali si accendono i riflettori, come è giusto che avvenga, sono molti, molti di meno. Su questo siamo impegnati per metterli a disposizione di chi ne ha diritto e bisogno. Non dimentichiamo, però, che quegli alloggi non li gestiva il Comune di Milano, ma altri soggetti. A ognuno i suoi meriti e le sue responsabilità, oltre che le sue colpe. Da parte nostra abbiamo fatto una scelta difficile, ma importante. Dal primo dicembre le case del Comune di Milano le gestiamo direttamente e, sono convinto, la situazione migliorerà. Ripeto, però, e scusatemi, nessuno pensi che si possano fare miracoli

Il futuro. Tra poche settimane si apre l’anno dell’Esposizione Universale. Non è un totem, ma è un momento importante. È il momento di mostrare ai popoli la grandezza di questa città, la sua ricchezza umana e civile, la sua energia creativa e positiva. È un’occasione che darà lavoro, che darà visibilità, che ci permetterà di dare il nostro contributo ai problemi della fame nel mondo, a una alimentazione sana, a una maggiore giustizia in modo che non ci sia più chi ha troppo da mangiare e chi invece ha troppo poco e, non raramente, nulla di cui cibarsi.

E’ il momento dell’unità, è il momento di essere fieri di Milano, di ciò che siamo, di ciò che sappiamo fare, di ciò che sapremo fare per noi e per tutti. Il 2015 chiede a Milano uno scatto in avanti. Un colpo d’ala fatto di generosità e di entusiasmo, per vincere sui tanti motivi di preoccupazione e crisi che possiamo e dobbiamo vincere insieme.

Aprirsi al mondo è la scelta giusta. Expo è l’occasione per vincere sulla paura, generata il più delle volte da una scarsa conoscenza dell’altro. Per vincere anche su chi specula sulla paura, mostrando un modello innovativo di collaborazione e di convivenza.

L’Expo non è, non può essere, solo una kermesse, una serie di padiglioni. L’Expo è Milano, e sono le persone di ogni cultura che si incontreranno tra loro per lavorare, qui, nell’anno che si apre. Tutti loro, e saranno milioni, troveranno una Milano pronta ad attenderli con le sue energie migliori: quelle che oggi premiamo con gli Ambrogini.

Esposizione vuol dire porre fuori, mostrare. E’ l’invito a tirar fuori il meglio di noi. Un invito che per Milano diventa programma di lavoro. In vista di Expo, tiriamo fuori il meglio di Milano: quello che vediamo riflesso nei premiati di oggi. Tiriamo fuori anche la diversità, ma facciamone ingredienti di un buon impasto. Restiamo uniti, e conserviamo la gioia di preparare un’occasione per il mondo.

Proprio le donne e gli uomini cui oggi Milano consegna le onorificenze civiche sono testimoni di grandezza e generosità. In loro c’è Milano.

Sul loro lavoro, sul loro impegno e su quello dei tanti che si impegnano per la città, per una città migliore, si fonda la nostra fiducia nel futuro e sulla nostra capacità di dire con forza che non stiamo costruendo sulla sabbia.

Al contrario, stiamo aprendo vie nuove, diffondendo idee e percorsi di progresso civico e civile; stiamo dando spazio alla pace e alla tolleranza, stiamo facendo di tutto per restituire speranza e fiducia ai molti che sono rimasti indietro.

Nella cerimonia di oggi Milano mostra il meglio di sé: i nomi di tante e tanti  che hanno fatto e fanno grande Milano, nelle sue virtù più preziose: la generosità, la creatività, lo slancio e la passione per la scienza, le arti, gli studi storici e sociali, la musica. La capacità di creare innovazione e sviluppo nell’impresa, nella ricerca, nel lavoro. La lungimiranza di tanti fondatori di realtà positive, di aggregazione, di ascolto, di sostegno. E le tante organizzazioni di volontariato, cultura e partecipazione che rendono Milano ricca e libera.

Questa è la roccia su cui edifichiamo la nostra casa comune. Una casa aperta, una casa dove tutti gli amici della libertà e della pace trovano posto, sempre. Nel rispetto, evidentemente, della libertà e dei diritti degli altri. Questa è la vocazione di Milano: una vocazione in cui crediamo e che il 2015 ci chiede ancora di più. L’anno che si avvicina ci chiede uno scatto di orgoglio per superare i tanti motivi di preoccupazione e crisi che possiamo e dobbiamo vincere insieme.

Essere uniti, pur nelle diverse sensibilità che attraversano la nostra comunità e il nostro territorio, ci deve rendere più forti e più liberi. Fa crescere la fiducia e noi stessi, e ci fa aprire con fiducia agli altri.

Questi sono i valori della città che amiamo;  Milano si impegna per questi valori che sono alla base di ogni civiltà, della giustizia sociale, della tutela dei diritti, dello sviluppo economico, della dignità di ogni donna e di ogni uomo; di ogni bambina e di ogni bambino.

Questa è la nostra chiamata, questa è la vocazione di Milano. Insieme possiamo rispondere con efficacia, e aprire una strada di crescita e di speranza per l’Italia e per il mondo. La mia fiducia in Milano è completa. So che da questa città parte un’Italia diversa e migliore. E ne sono fiero con tutti voi.