Stanchi di luce

croce Siamo nati per vivere, e vivere con dignità e rispetto verso se stessi prima e poi verso il prossimo; ma invece pare che non sia proprio così, c’è in noi da qualche parte una o più deviazioni che ci hanno fatto smarrire la strada principe: il rispetto. Ovunque si vada, anche nel più sperduto avamposto dell’umanità si assiste quotidianamente alle più efferate violenze e tutte nei confronti delle donne. E non solo, basta guardare ciò che succede nel bacino del Mediterraneo ove donne, uomini, bambini, sono e vengono sgozzati come agnelli. Se dovessimo vivere assorbendo nell’anima tutta la brutalità e la bestialità dell’uomo, che ci viene impressa dai continui telegiornali e dai rotocalchi nel quotidiano, be…. Non è un buon vivere; così facendo la presunzione di informazione si perde e smette d’esserlo, per diventare nutrimento, nutrizione letale di odio, rancore, fanatismo religioso, fanatismo di violenza, ( a volte mi pare di trovarmi in un allevamento all’ingrasso). Forse siamo tutti stanchi di luce ( divina) ! Per fortuna in contrapposizione a questo malessere sociale c’è una buona parte di umanità propensa di belle cose, di letteratura, di poesia, di amare indistintamente, al rispetto e alla concordia nell’umana sorte. Forse! Questo – forse – mi piace molto poiché è in se una condizione propensa al dialogo, al pensiero, all’esamina. Ma è anche dubbio, incertezza, concretezza del voler ad ogni costo trovare una buona scusa per continuare a vivere da essere umano. Quindi dovremmo con ogni mezzo invece di dar peso al brutto, alla violenza, al disastro sociale, trovare la giustezza, o il giusto equilibrio parlando di cultura e di umanità solo così “ forse” potrebbe avvenire quel cambiamento morale, epocale! E’ ora di tornare ad amare, a sorridere, imparare nuovamente a sorridere di abbandonare le bestie umane nel loro stesso limbo in cui potranno continuare a sgozzarsi, a violentare, a non avere rispetto né della vita né di Dio. “ Forse “ dovremmo abbandonare questo sistema che provoca indignazione, differenze, diversità, dolore; lasciare questo – niente – e avvicinarci a Dio sempre più, sempre più umani. Ma la verità è che siamo assetati di false esigenze, di falsi valori, di volgarità, di indignità, di indecenza, di velocità, di insiemistica volgare, di svendere e vendere proprio la nostra anima. Così è un vivere ad intermittenza, dentro una bolla di sospensione in cui viene difficile raccontarsi, incontrarsi, porgerci le mani per salutare, per accarezzare, per aiutare. Dunque sarà bene abbandonare la civetteria, l’apparire ad ogni costo quel che non si è, le apparenti felicità, e andare a rifugiarsi in quelle chiese spoglie di santi e santini per ascoltare il silenzioso dialogo di una semplice croce che non è un simbolo è la verità! E’ qui, sta qui il nostro grande, grandissimo errore, del non voler attraversare quel portale per incontrare il semplice dialogo con quell’entità diversamente identificata, ma comunque sempre uguale, sempre più divina, sempre più sola.