Focus sul contoterzismo agrario in Bergamasca

Un settore con un fatturato che nel 2014 dovrebbe chiudere oltre la soglia dei 90 milioni di euro, realizzato da una task force di un centinaio di aziende, di cui il 60% professionali, e oltre 1200 operatori: questi i numeri del comparto bergamasco della coltivazione in conto terzi, costituito da imprese che offrono i propri servizi alla maggioranza delle 5.200 aziende agricole orobiche su una superficie coltivabile di circa 72.000 ettari. Alle ditte agromeccaniche propriamente dette occorre inoltre aggiungere le aziende agricole che svolgono prestazioni in conto terzi in forma di attività “connesse”, ovvero come integrazione del reddito agricolo.

“Negli ultimi anni il fenomeno dell’agricoltura in outsourcing ha fatto segnare un trend crescente – osserva Enzo Cattaneo, direttore di Confai Bergamo e dell’Osservatorio economico di Confai Academy -. La perdurante crisi del settore primario ha inoltre visto accentuarsi il ricorso alla terziarizzazione delle attività di coltivazione e raccolta anche da parte di aziende agricole medio-piccole. È la conseguenza di un semplice ragionamento in termini di costo-opportunità: per chi non beneficia di significative economie di scala il ricorso ai servizi agromeccanici risulta, a conti fatti, assai più conveniente rispetto agli ingenti costi di manutenzione e di ammortamento delle necessarie attrezzature agricole”.

Peraltro, secondo un’indagine a campione condotta sui soci di Confai Bergamo, circa il 40% delle aziende agricole bergamasche che ricorrono all’esternalizzazione delle operazioni colturali affida alla propria impresa agromeccanica di fiducia una parte significativa dell’intera gestione aziendale, dalla scelta di quali colture seminare fino allo stoccaggio del raccolto e alla sua commercializzazione.

“Si sta assistendo ad un vero e proprio cambio di profilo dell’operatore agricolo tradizionale – osserva Leonardo Bolis, presidente provinciale e nazionale dei Confai – Con l’eccezione di alcune aree agricole marginali o a bassa produttività, è ormai molto difficile imbattersi nella classica figura del coltivatore diretto in grado di fare tutto da sé. Oggigiorno vi sono sempre più imprenditori agricoli che, indipendentemente dalle dimensioni della propria azienda, optano per un mix di manodopera interna e di servizi esterni basato su criteri di convenienza economica e di efficienza produttiva”.

Tra le ragioni del crescente ricorso ai servizi agromeccanici vi è infatti la possibilità di fruire di prestazioni tecnologicamente sempre all’avanguardia, oltre che più rispettose dell’ambiente e con rischio di infortunio ridotto pressoché a zero”. “Chi opera in conto terzi – ricorda Bolis – è costretto dal mercato a dotarsi delle più moderne macchine agricole e di strumenti in grado di garantire i migliori standard di sicurezza. Il contoterzismo rappresenta senz’altro la via più rapida ed efficace per porre rimedio alla spinosa questione dell’invecchiamento delle macchine in uso alle aziende agricole bergamasche, tra le quali si possono contare ancora circa 13.000 mezzi con oltre dieci anni d’età”.

Nonostante una crescente domanda di servizi da parte degli agricoltori, le imprese agromeccaniche si devono confrontare con una serie di criticità rilevanti, tra cui il costo del gasolio, le condizioni di accesso al credito e i lunghi tempi di pagamento da parte degli stessi agricoltori-clienti, che pagano le prestazioni agromeccaniche solo dopo la fine della campagna produttiva.

“Resta infine da risolvere – sottolinea Cattaneo – il nodo del mancato accesso delle imprese agromeccaniche agli aiuti dei piani di sviluppo rurale. Occorre sanare quanto prima le contraddizioni di una normativa che consente alle aziende agricole di operare anche in ambito agromeccanico e di ricevere al tempo stesso sovvenzioni, mentre alle imprese agromeccaniche professionali non è consentito di accedere a tali provvidenze, con conseguente distorsione delle più elementari condizioni di libera concorrenza”.