Catania, arrestato Mario Musumeci agente in servizio nel carcere di Bicocca

In manette l’assistente capo della polizia penitenziaria, arrestato dai Carabinieri del comando provinciale di Catania per corruzione continuata e detenzione a fine di spaccio di marijuana e cocaina, reati commessi dal 2009 sino al febbraio 2013. Mario Musumeci, secondo l’accusa, forniva la droga ad affiliati dei clan mafiosi. L’agente è stato posto agli arresti domiciliari. Il provvedimento restrittivo nei suoi confronti è stato emesso dal Gip su richiesta della Procura.

Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, sono state avviate a seguito dell’arresto in flagranza di reato, operato nel novembre 2012, dell’assistente capo della Polizia Penitenziaria Ranieri Antonino, in servizio presso la Casa Circondariale di Catania Piazza Lanza, quando è stato trovato in possesso di un pacco contenente cocaina, marijuana, “pizzini”, profumi e altri oggetti che doveva consegnare ai detenuti dietro il corrispettivo di denaro. Ranieri, per i fatti contestati, è stato condannato con sentenza non definitiva dal Tribunale di Catania per detenzione di droga e corruzione.

L’attività investigativa sviluppata, grazie all’apporto fornito da diversi collaboratori di giustizia e agli esiti di attività di intercettazione, ha consentito di documentare l’esistenza di un sistema di corruzione che ha visto coinvolti in modo sistematico alcuni appartenenti alla Polizia Penitenziaria, in servizio presso le Case Circondariali di Catania Piazza Lanza e Bicocca, che, in modo continuativo e dietro corresponsione di somme di denaro, avrebbero favorito numerosi soggetti affiliati ad organizzazioni mafiose operanti in Catania e provincia durante i periodi di detenzione presso le predette strutture carcerarie.

Le attività di indagine hanno fatto emergere come alcuni agenti fossero disposti, dietro pagamento di somme di denaro, a favorire le richieste provenienti dai detenuti appartenenti a consorterie mafiose o, comunque, ad esse contigui. Si andava, infatti, dall’introduzione all’interno del carcere di materiali di genere vietato, quali alimenti non consentiti, sostanze alcoliche, profumi, telefoni cellulari, supporti informatici Mp3 e, addirittura, cocaina e marjuana, fino a garantire ai soggetti apicali dei sodalizi mafiosi la possibilità di incontrarsi tra loro riservatamente, di avere colloqui telefonici con i propri familiari anche oltre il numero massimo consentito, di essere avvisati in occasione dell’imminente esecuzione di misure cautelari, di ricevere e veicolare messaggi e comunicazioni ai congiunti.

Le indagini hanno fatto emergere, in particolare, che Cardamone Giuliano Gerardo, già comandante della polizia penitenziaria di Bicocca, fosse un soggetto a disposizione dei componenti della cosca mafiosa Laudani da cui veniva mensilmente retribuito con somme di denaro. Nei confronti dello stesso è stata ravvisata la sussistenza, oltre che del delitto di corruzione aggravata ai sensi dell’art. 7 della legge 203/91, anche di quello di concorso esterno in associazione In altri casi si è accertato che il pagamento avveniva in relazione alla singola prestazione illecita fornita dal pubblico ufficiale infedele con somme variabili dai 200 ai 300 euro per ogni pacco, contenente generi vietati, introdotto all’interno delle strutture carcerarie configurandosi, pertanto, il delitto di corruzione.

Tali sono le ipotesi delittuose a carico di Musumeci Mario, Ranieri Antonino, Seminara Giuseppe (assistente capo della polizia penitenziaria in servizio presso la Casa Circondariale di Catania Bicocca, sospeso dal servizio in quanto già sottoposto a misura cautelare nell’ambito dell’operazione c.d. “Fiori Bianchi”), Limonelli Vito (già assistente capo della Polizia Penitenziaria in servizio presso la Casa Circondariale di Catania Piazza Lanza).

Il Gio, pur riconoscendo l’estrema gravità dei fatti contestati e la sussistenza di un grave quadro indiziario a carico di tutti gli indagati, ha disposto l’applicazione della misura degli arresti domiciliari solo al Musumeci, in quanto, per gli altri indagati non ha ravvisato elementi di reiterazione di condotte analoghe, avendo gli altri indagati interrotto il rapporto lavorativo con l’amministrazione penitenziaria per intervenuto pensionamento, congedo o per sospensione dal servizio. Nell’ambito della stessa indagine sono stati altresì denunciati, a titolo di concorso nel reato di corruzione, numerosi detenuti che hanno usufruito delle illecite prestazioni dei pubblici ufficiali.