Le poesia del sorianese Filippo Stirparo. Osservando testimonia e trasmette le personali riflessioni e i più segreti abbandoni dell’animo

 Nelle settimane scorse ho avuto il privilegio di essere omaggiato, dall’amico prof. Enzo Stirparo da Teramo, di questa graziosa silloge “Osservando” di Filippo Stirparo da Soriano ma trapiantato a Roma, edita in proprio nella Capitale nel 1993 ma che merita di essere riletta e riproposta agli amici lettori per fruirne la valenza e la bontà espresse. È una nutrita ed edificante raccolta di poesie il cui obiettivo dichiarato sta tutto nella prefazione al libro dello stesso Autore. Leggiamola: “ Di questo libro è il titolo ‘Osservando’ nel senso appunto a dir cosa si prova dopo aver osservato attentamente ciò che si vede e ciò che avviene intorno. Spettacolo grandioso e la natura con quello che ci offre ad ammirare:Lucciole sembrano vaganti in cielo le stelle al firmamento, quando è sera; spettacolo grandioso veramente il mare s’è agitato o quando è calmo, la neve che scintilla sulle vette luminosa sorgente sembra sia. Per gli uomini è diverso giudicare che in essi c’è del buono e del cattivo. Con turpi azioni si macchiano alcuni di nefandezze e di delitti atroci ed altri invece – e sono pure tanti – con opere pregiate ed esemplari esaltano e sublimano la specie. Pertanto si può dire a conclusione che tutto questo non è solo un dramma, nemmeno dir si possa una commedia che di cattivo e buono c’è nei tratti. La vita allor si deve definire ‘tragicommedia’, nel suo vero aspetto.” Sono liriche che prendono avvio dall’itinerario di un particolare osservatore, Luigino, che già da “bambino” si aggira tra casa e campagna e dialoga financo con piccoli animali, come un uccellino davanti al cui nido si commuove e contento prende altre strade fino a diventale un piccolo “poeta improvvisato” ma impaziente. Leggiamola questa lirica leggera ed intensa: “Far dei versi si propone sull’aurora, / Luigino, ed inizia il suo poema:/ ‘Scende Aurora sul suo carro ed appare / maestosa…’. Qui non trova la parola / che fa rima con il carro./ Ci sarebbe sì, ‘tabarro’, ma non sa il /significato./ Dopo ch’ebbe ancor pensato dice allora/ soddisfatto: ho trovato, metto ‘farro’!/ Ma di nuovo c’è un intoppo; che vuol/ dir quella parola?/ Le meningi si tormenta per trovare /il giusto detto –quello adatto -/per il verso. Alla fine spazientito manda tutto a / quel paese.” Il piccolo particolare osservatore prosegue il suo itinerario: da “giovine innamorato” a “seduttore fallito” arriva all’età avanzata con tanta sete di ricchezza e così “davanti a un mucchio d’oro che /guardava sospirando diceva Luigino:/ ‘con te si può tutto,/i messi son buoni se il fine s’ottiene!/a danno degli altri’/Ma ciò non importa perché,/a loro volta, se possono gli altri,/anch’essi lo fanno”. Da queste prime liriche, apparentemente semplici nella forma ma non nella sostanza, si ricava che la silloge di Filippo Stirparo è scavo psicologico dentro l’anima per innalzare un inno all’amore cosmico senza differenze. Il poeta ha come fonte ispiratrice Luigino che gli trasmette il fascino del mondo seppur, talvolta, cosparso di finzioni e manifestazioni effimere. Un mondo che è, insomma, “Tenebre e luce” e qui Stirparo avverte che “nell’alternarsi del bene e del male /di tenebre quest’ultimo s’ammanta; e il bene invece, trasparente e chiaro,/ si manifesta quando c’è la luce./ È lotta eterna che accarezza ogni/ generazione sulla terra, nel suo/ cammino verso nuove mete./Con l’esercizio costante del bene /superandosi l’uomo si riscatta.” Sono versi che trasmettono gli aneliti del cuore e, la gioia di vivere all’insegna di un sentimento profondo che guida il suo itinerario di vita. Anche attraverso la religione della natura, direi ecologica, come nella lirica “Attento alla natura” laddove scrive che “se i rifiuti incanalati dalle/ fabbriche nei fiumi, lì divengono/ veleno e,arrivando fino ai mari,/ l’acqua rendono inquinata./ È pestifero lo ‘smog’ e nell’aria si/ propaga con effetti deleteri./ Si rifletta sui malanni cui la gente/ viene esposta e si cerchi di ovviare/ ad un male tanto grande.! Nella sua semplicità espressiva, senza fronzoli letterari, Stirparo innalza inni all’osmosi universale, alla consonanza umana con gli elementi del creato, in nome di una fede naturale, ma non solo, che ha come obiettivo l’amore. Mi piace fermarmi qui per non rubare al lettore il gusto di scoprire nella silloge un messaggio importante: il viaggio attraverso i sentieri dell’amore dovrebbe essere confortato dalla luce del sole, come linfa necessaria per un vivere sereno. Mi fermo qui, non prima di dire che, leggendo qua e là fra le altre pagine della raccolta, ci troviamo davanti ad una poesia, questa del poeta sorianese, che penetra l’intima essenza delle cose e che testimonia e trasmette le più interiori emozioni, i più reconditi pensieri, le personali riflessioni, i più segreti abbandoni dell’animo.