Padova, agente della penitenziaria suicida al Due Palazzi

L’ispettore di 40 anni, originario di Frosinone, si è tagliato le vene. E’ stato trovato cadavere nell’alloggio di servizio dove era ai domiciliari. Secondo le accuse all’interno del carcere girava droga tra i detenuti con la compiacenza di qualche agente della polizia penitenziaria.

Nei giorni scorsi aveva fatto scalpore nella cella di un detenuto un altro ritrovamento di un telefonino cellulare con una Sim funzionante.

A fine luglio si era suicidato Giovanni Pucci, detenuto al Due Palazzi, anch’egli coinvolto nell’inchiesta.

I due agenti della polizia penitenziaria arrestati e destinatari di un provvedimento di custodia cautelare in carcere sono: Pietro Rega, 48 anni, detto “capo” o “uomo brutto”, originario di Mariglianella e residente a Mirano; Luca Bellino, 38 anni, detto “u cafone” originario di San Paolo di Civitate, residente in via Croce Verde a Padova. Altri quattro agenti sono invece agli arresti domiciliari, si tratta di: Roberto Di Profio, 45 anni, detto “Kelos”, originario di Chieti e residente a Abano; Paolo Giordano, 40 anni, detto “il poeta”, originario del Lazio e residente in via Due Palazzi a Padova; Giandonato Laterza, 31 anni, detto “bambolotto”, originario di Matera e domiciliato a Piazzola sul Brenta; e Angelo Raffaele Telesca, 36 anni, detto “Condor”, originario della Toscana e residente ad Albignasego.

Gli altri arrestati sono: Karim Ayari, 27 anni, detto “Kimu”, tunisino; Mohamed El Ins, 44 anni, detto “Giovanni” o “cioccolato”, marocchino; Mohamed Es Soukti, 28 anni, marocchino; Mohamed Tlili, 41 anni, tunisino. Agli arresti domiciliari sono finiti invece: Giorgio Chiostergi, 72 anni, residente a Trieste; Amal El Archi, 23 anni, marocchino; Michela Marangon, 50 anni, residente a Porto Viro, avvocato del Foro di Rovigo; Edoardo Murador, 33 anni, veneziano di San Donà di Piave.

È un capoposto del quinto piano ad aver tirato le fila dei traffici nel carcere “Due Palazzi” di Padova il cui nome compare tra i 15 destinatari della misura cautelare. Si chiama Pietro Rega, 48 anni, già arrestato per fatti analoghi nel 2001 dalla Direzione distrettuale Antimafia di Napoli quando lavorava nel carcere di Avellino. Gli altri secondini, coinvolti nell’illecito sodalizio, lo chiamavano il “grande capo” il quale percepiva anche tramite vaglia postali i pagamenti di somme di danaro da parte di familiari e complici in cambio di consegne di stupefacente (soprattutto «fumo» ed eroina e per altri trattamenti di favore).

Per gli investigatori sarebbe stato Rega a coinvolgere gli altri agenti penitenziari, ad influenzarne altri dividendo i “benefit” in denaro incassati anche tramite Western Union con somme che variavano dai 200 agli 800 euro, a seconda dei favori fatti. Ma, sempre secondo gli inquirenti, l’uomo avrebbe gestito con altri colleghi anche il traffico di droga all’interno del carcere, permettendo ai detenuti, soprattutto albanesi e magrebini, di svolgere parallelamente un loro micro spaccio con gli altri reclusi.

L’indagine è iniziata nell’estate 2013, mentre la polizia stava intercettando dei marocchini sospettati di un traffico di droga. Dalle telefonate era emerso del particolare traffico nella casa penale. Scavando più a fondo la Mobile euganea ha scoperto che c’era un nutrito ed organizzato gruppo di agenti in servizio che erano dediti a fini di lucro ed in pianta stabile, in concorso con familiari ed ex detenuti, ad un sistema illecito finalizzato all’introduzione in carcere di droga (eroina, cocaina, hashish, metadone), materiale tecnologico (telefonini, schede sim, chiavette usb, palmari) ai detenuti accontentandoli per altre richieste.

Tra i presunti corruttori anche l’avvocato Michela Marangoni, 51 anni, del foro di Rovigo, che si sarebbe servita di due suoi assistiti per l’illecito commercio. In più di qualche occasione, nella collaborazione tra la Polizia di Stato e la Polizia Penitenziaria, sono state fatte perquisizioni ad hoc che hanno portato a vari sequestri, anche nelle celle di massima sicurezza.