Mamma Calò l’Italia è sommersa da ansie

In casa Calò, alle porte di Padova, il calo progressivo di nascite in Italia evidenziato dall’Istat è salutato con un sorriso, come riguardasse un altro pianeta, ma anche senza sorpresa. Lo scorso anno sulla porta Ferruccio ed Alessandra hanno appeso il fiocco dell’ultimo nato. In tanti anni di matrimonio, segnati anche da momenti difficili sul piano economico, di ciocche ne hanno attaccate quattordici. Appena una in meno di un’altra super-famiglia, quella di Walter e Cristina Scalco, residente a qualche decina di chilometri di distanza, a San Giorgio in Bosco. “Stavo giusto guardando la notizia al telegiornale” dice Alessandra Calò, commendando i dati che per lo scorso anno indicano una iscrizione all’anagrafe di appena 515mila bambini, 12mila in meno rispetto al minimo storico registrato nel 1995. “Se uno si mette a pensarci bene – detto da una donna che rifarebbe tutto quello che ha fatto – viene sommerso dai problemi e dalle ansie e una famiglia non se la farà mai”. A pesare sulla bilancia, per mamma Calò, c’è anche il fatto che in Italia “purtroppo non è più considerato il concetto di famiglia. La realtà è che oggi come oggi è diventato difficilissimo avere un figlio e in Italia la parola famiglia non è più considerata”. Loro, invece, sono una famiglia stile “uno per tutti. Tutti per uno”. Quando Ferruccio è stato una delle vittime della crisi e per mesi è rimasto senza avere lo stipendio: sono andati avanti “stringendo la cinghia” e arrivando a inscenare una simbolica “occupazione” dell’azienda di ghiaia dove il marito-padre era impiegato come autista. “Ora mio marito – rileva – ha cambiato lavoro e percepisce uno stipendio regolare, ma con una famiglia di 14 persone bisogno fare dei sacrifici grandi. Mi piacerebbe veramente che un politico venisse a mangiare a casa nostra e che dopo pranzo ci mettessimo tutti assieme a fare i conti delle spese vive. Basta pensare alle spese di una semplice famiglia e moltiplicare per quattro, cinque volte nel nostro caso. I politici non sanno cosa significa arrivare a fine mese, non sanno che in molti casi tra bollette e spese proprio non ce la si fa. Noi poi abbiamo un consumo dell’acqua, dell’energia elettrica superiore perché siamo in tanti”. I figli intanto crescono, si affacciano sul mercato del lavoro, guardano al futuro ed Alessandra sa com’è la situazione. Il figlio più grande, 23 anni, ha iniziato a lavorare come, cuoco; il secondo, 21, lavoricchia a chiamata ma tutti gli altri studiano ancora. “E’ ovvio – dice – che in una situazione del genere chi può e ha coraggio deve andare all’estero a cercare fortuna. Anche tra i miei figli inizio a sentire delle mezze voci. Come genitori un po’ dispiace, è ovvio, ma ora come ora l’Italia non offre veramente niente per i nostri ragazzi. Dispiace, è chiaro, ma me lo sto mettendo via. E soprattutto mi sto convincendo che se qualcuno dei miei figli se ne andrà all’estero a cercare fortuna sarà per il suo bene”.