Cgil, Osservatorio Industria su occupazione e petrolio

“Una prima considerazione non può prescindere dalle questioni legate agli aspetti occupazionali. Fermo restando che nessuno ha mai immaginato che l’Eni in Val d’Agri potesse avere lo stesso effetto di assorbimento occupazionale prodotto, ad esempio, dalla Fiat a Melfi, poiché trattasi di un investimento per buona parte capital intensive, è pur vero che l’occupazione finora prodotta, continua a scontare due problemi: uno legato alla crescita o comunque all’incidenza dell’occupazione a termine, condizionata anche dalla durata degli appalti e dalla natura di questi oltre che dalla natura degli interventi (in alcuni casi straordinari e non programmabili), l’altro legato all’ancora scarsa incidenza tra il personale locale di profili a più alta qualificazione, un fattore che è anche il risultato dell’inserimento prevalente, con poche eccezioni, della maggior parte delle imprese locali nei servizi a minor valore aggiunto”. Lo afferma l’Osservatorio Industria della Cgil di Basilicata, sottolineando che “l’occupazione industriale legata alle attività estrattive e produttive in Italia è stimata in circa 4.000 addetti diretti e in circa 15.000 nell’indotto. Buona parte delle aziende del comparto sono localizzate nelle regioni settentrionali, principalmente tra la Lombardia ed Emilia–Romagna e in quest’ultima regione particolarmente nell’area di Ravenna, dove esiste un vero e proprio distretto petrolifero. Nel resto del territorio nazionale una presenza significativa di imprese del settore si registra anche in Abruzzo dove aveva sede il Distretto Meridionale dell’ENI prima del trasferimento nel 2008 della sede da Ortona a Viggiano. Per ciò che riguarda l’impatto occupazionale i dipendenti delle circa 100 aziende impegnate su attività relative al Distretto Meridionale di Viggiano sono circa 2.100 più della metà residenti in altre regioni. Volendo riassumere i problemi che oggi si manifestano più chiaramente questi sono, da un lato, per quanto riguarda le imprese, quelle relative agli appalti, alla concorrenza determinata dalle imprese extra-locali, dall’assenza di scenari più certi sul medio-lungo periodo, dal cattivo stato dell’area industriale e delle infrastrutture di servizio in generale, per quanto riguarda gli aspetti occupazionali, il problema – spiega l’Osservatorio Industria – è rappresentato dall’aumento del numero di lavoratori impiegati con contratti a termine da parte delle imprese dell’indotto, e che il Centro per l’Impiego di Villa d’Agri, rimane per lo più estraneo all’attività di reclutamento del personale. Queste problematiche esistenti descrivono un quadro ben lontano dall’ipotetica formazione di un distretto industriale petrolifero in Basilicata, sull’esempio di quello di Ravenna, in particolare per la scarsa presenza di imprese attive, perlomeno tra quelle locali o che qui hanno trasferito un proprio ufficio, nel campo dell’ingegneria, come nel campo della produzione di impianti o componenti meccanici ed elettromeccanici per l’industria petrolifera. Questa debolezza risente naturalmente del fatto che la maggior parte delle attività di progettazione relativamente alla ricerca mineraria sono rimaste allocate a Milano. Sul piano dell’attrazione di imprese produttrici di impianti e/o componenti per l’industria petrolifera e della conseguente crescita qualitativa dell’occupazione dipenderebbe dalle capacità attrattive e da una politica di programmazione industriale a livello regionale che finora è risultata debole e che poteva essere invece inserita nell’ambito delle compensazioni economiche riconosciute al territorio”.