Una banda di nomadi colpevole di furti e rapine nel Nord Italia

Obiettivo principale erano i gioielli e i rappresentanti di preziosi, ma i banditi non sembrano avere disdegnato anche altri obiettivi, come ad esempio le slot machines. E sono sempre stati molto veloci: capaci di organizzare il colpo a distanza, incontrarsi, agire e tornare ciascuno a casa propria anche in mezza giornata. Sono undici persone, arrestate a conclusione di un’indagine di polizia e carabinieri di Trento, in un’inchiesta coordinata dalla locale Procura. I colpi non erano da pochi spiccioli. Due esempi per tutti: 140.000 euro di preziosi portati via a due rappresentanti a Giovo, e oltre 90.000 in un colpo a un negozio di gioielli al Mercatone Uno a San Michele all’Adige, entrambi in Trentino. Ad essere accusati, a vario titolo, di questi e di una rapina alla Fiera di Parma ad altri due rappresentanti di preziosi sono gli undici arrestati, a cui è stata contestata anche l’associazione per delinquere. In molti hanno anche la recidiva e pure la recidiva infraquinquennale. Carabinieri e polizia li hanno individuati grazie a una serie di riprese di telecamere di enti pubblici, ma anche di privati, e con intercettazioni telefoniche. Sono tutti italiani sinti e vivevano alcuni nei campi nomadi di Milano, altri in un campo a Vigodarzere (Padova), altri ancora in un altro a Padova e una coppia in un’abitazione a Trento, di cui la donna è ai domiciliari. Tutti gli altri sono in penitenziari del Nord, quattro dei quali raggiunti da ordinanza già in carcere e un quinto ai domiciliari. L’operazione è stata denominata ‘Sledgehammer’ dagli investigatori, per i due bastoni usati durante la rapina in Trentino al Mercatone Uno. Tra le accuse, per quattro degli arrestati ci sono anche quelle di una rapina a dei rappresentanti di preziosi alla Fiera di Parma, per cui però erano stati bloccati dai carabinieri del posto quando avevano già iniziato ad aggredire i malcapitati e il progetto di un’ altra rapina da compiere in Svizzera, a Basilea, a una fiera mondiale di gioielli, la ‘Baselworld’. Il gruppo non sembra avere avuto un vero e proprio vertice, ma i contatti hanno fatto emergere, secondo gli investigatori, due persone di riferimento: due omonimi, Antonio Brajdic, nipote e zio, rispettivamente di 27 e 54 anni.